Svolta nel caso Ziliani, arrestate le due figlie e il fidanzato della maggiore: ecco cosa li inchioda

24 Set 2021 9:43 - di Filomena Auer
Ziliani

Svolta nel caso Ziliani: l’ex vigilessa scomparsa da mesi. Il cui cadavere è stato trovato tra la vegetazione in Alta Vallecamonica l’8 agosto. Questa mattina a Brescia e nella provincia di Bergamo, i Carabinieri del Comando Provinciale di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica di Brescia, hanno arrestato le due figlie della vittima e il fidanzato della maggiore. Le forze dell’ordine hanno proceduto con i fermi, dando esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Brescia. E indirizzata nei confronti delle due sorelle di 26 e 19 anni, figlie di Laura Ziliani. Da tempo le donne erano le sospettate principali dell’inchiesta. Entrate da subito nel mirino degli inquirenti per la scomparsa della ex vigilessa, sparita da Temù nella mattinata dell’8 maggio 2021.

Svolta nel caso Ziliani, arrestate le due figlie e il fidanzato della maggiore

I loro racconti non hanno mai convinto gli investigatori. Le indagini, che i militari della Compagnia di Breno hanno avviato parallelamente alle ricerche, hanno evidenziato sin dal primo istante numerose anomalie nelle ricostruzioni rese dai tre arrestati. Inducendo i carabinieri e la Procura a ritenere poco credibile la versione dell’infortunio o del malore in montagna: le prime piste seguite nell’imminenza della scomparsa. E allora, proprio sulla base delle preliminari risultanze investigative, a fine giugno gli inquirenti avevano iscritto le due figlie di Laura Ziliani, e il fidanzato della più grande, nel registro degli indagati. L’accusa formalizzata era: omicidio volontario. Aggravato dalla relazione di parentela con la vittima. E occultamento di cadavere.

Caso Ziliani: la denuncia, le ricerche i sospetti: i punti cardine delle indagini

Le indagini sono andate subito nella direzione dei tre soggetti finiti in manette oggi. Ricerche, acquisizioni e riscontri degli inquirenti, hanno delineato un ampio quadro indiziario a carico degli arrestati. Erano state le due figlie a dare l’allarme quella mattina, verso le 12.00. Contattando il 112 e segnalando il mancato rientro della loro mamma, uscita di casa intorno alle ore 07.00 per andare a fare una passeggiata nella frazione di Villa Dalegno. La donna sarebbe dovuta rientrare verso le ore 10.00, per poi andare con le figlie presso la locale discarica a disfarsi di vecchi materassi. E invece, da quel momento della ex vigilessa si sarebbero perse le tracce. Così, poco dopo la segnalazione della scomparsa, un vasto dispositivo di soccorritori – carabinieri. Soccorso alpino. Vigili del fuoco, oltre che numerosi volontari – aveva battuto palmo a palmo il luogo della presunta scomparsa. Senza rinvenire il corpo dell’impiegata, che pure era una esperta conoscitrice di quei luoghi.

Ecco cosa non torna nella ricostruzione della scomparsa dei tre arrestati

Quella ricostruzione della scomparsa. Il racconto che precedeva l’uscita di casa della donna. L’allarme dato troppo in fretta dalle due figlie. Oltre che il rinvenimento del telefono cellulare, da cui la donna non era solita separarsi, trovato sotto una panca in cantina, fin dai primi giorni non ha convinto i carabinieri. Che hanno cominciato a maturare dubbi e sospetti sulla tenuta logica della dinamica dei fatti resa da figlie e fidanzato di una di loro, arrestati oggi. Il resto lo hanno chiarito le intercettazioni, che gli investigatori hanno attivato parallelamente alle ricerche.

Il lavoro degli inquirenti punto per punto

L’analisi dei tabulati, meticolosa e complessa, a partire dall’esame forense di smartphone e computer degli indagati, coniugato con perquisizioni domiciliari. Sopralluoghi mirati. E riscontri di carattere scientifico a cura della Sis del Comando Provinciale. Dunque, le risultanze investigative hanno evidenziato numerose anomalie nel racconto fornito dai tre arrestati, inducendo i carabinieri e la Procura a ritenere poco credibile la versione dell’infortunio o del malore in montagna.

La scarpa e l’abbigliamento della vittima: i dubbi sui primi ritrovamenti…

Non solo. Ad aggravare il quadro e a convincere ancora meno gli inquirenti circa l’ipotesi della scomparsa è stato, nella tarda mattinata del 23 maggio, il ritrovamento della scarpa che la donna – a detta delle due figlie – indossava la mattina verso le 07.00. Quando sarebbe uscita di casa per fare la passeggiata. La scarpa, infatti, è stata rinvenuta nel torrente Fumeclo, in un punto che sarebbe incompatibile con la direzione verso monte che avrebbe intrapreso la signora Ziliani. Sempre nel fiume Fumeclo, poco distante dall’abitazione della donna, agli inizi di giugno scorso, gli investigatori avevano rinvenuto un jeans femminile rovesciato, compatibile con quello che – secondo il racconto delle figlie – la Ziliani avrebbe indossato la mattina della scomparsa. Infine è stata trovata anche la seconda scarpa della vittima che, per come emerso dalle indagini, i tre arrestati oggi avrebbero collocato nel luogo del rinvenimento al fine di depistare le attività investigative. E puntando ad avvalorare l’ipotesi dell’infortunio o del malore.

Il luogo del rinvenimento del cadavere

Il rinvenimento del cadavere lungo la pista ciclabile di Temù, avvenuto nella tarda mattinata dell’8 agosto, ha quindi ulteriormente alimentato quello era ormai un solido quadro indiziario. Passeggiando lungo le rive del fiume Oglio, un bambino aveva notato il corpo di una donna in stato di decomposizione. Non riconoscibile in volto. Parzialmente nascosto tra i rami e le foglie, che verosimilmente si erano accumulate a seguito dell’esondazione del fiume. La donna indossava solo una canottiera e degli slip: un abbigliamento assolutamente incompatibile con la ricostruzione fornita dagli arrestati. Ma gli orecchini in oro giallo, e una cisti presente sul piede destro, avevano portato a ritenere che il corpo fosse proprio quello di Laura Ziliani.

Caso Ziliani, esame del Dna e autopsia: il cerchio si chiude e porta alla svolta

La definitiva conferma è arrivata, infine, dalla comparazione del Dna: un esame che gli addetti ai lavori hanno eseguito presso l’Istituto di Medicina Legale di Brescia. Durante l’autopsia, il medico legale non ha rilevato segni di lesioni esterne. Inoltre il corpo non presentava tracce compatibili con una lunga permanenza in acqua. L’ipotesi investigativa, quindi, ha formulato l’idea che i sospettati potessero aver occultato il corpo in un ambiente le cui caratteristiche hanno rallentato il processo di trasformazione e decomposizione. Una possibilità ancora al vaglio degli inquirenti, su cui sono in corso indagini scientifiche di particolare complessità. Infine, l’ultimo tassello: i preliminari accertamenti tossicologici dell’istituto di medicina legale di Brescia hanno riscontrato la presenza di benzodiazepine nel corpo dell’ex vigilessa. Il cerchio si chiude. La svolta. L’arresto. E a breve il trasferimento dei tre nel carcere di Brescia.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *