Eitan, il giudice di Pavia: la zia doveva pretendere il passaporto del piccolo dal nonno

15 Set 2021 20:22 - di Redazione
rapimento Eitan

Solo in Italia può accadere che in una vicenda di gravissima conflittualità come quella che emerge nell’affidamento del piccolo Eitan Biran, unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone nella quale sono morti entrambi i genitori, i due bisnonni e il fratellino, il giudice non abbia altra possibilità che disporre che sia la zia affidataria a farsi consegnare il passaporto del bimbo dal nonno che lo ha poi rapito.

E forse ora si capisce anche meglio perché il nonno di Eitan è riuscito ad organizzare e a portare a termine un rapimento rocambolesco dall’Italia in Israele passando dalla Svizzera che, in teoria, avrebbe avuto pochissime probabilità di essere portato a termine.

Nel corso dell’udienza che ha portato all’affidamento temporaneo di Eitan alla zia Aya, i nonni materni erano talmente su di giri che la Procura si era vista costretta ad avvisare le forze dell’ordine di monitorare il nonno Shmuel Peleg nei suoi spostamenti temendo, probabilmente, il colpo di testa che, poi, c’è effettivamente stato.

Eppure in una situazione così complessa e pericolosa il giudice tutelare di Pavia, Michela Fenucci, non aveva potuto fare altro che stabilire, con un decreto dello scorso 10 agosto, che Shmuel Peleg, nonno materno di Eitan, restituisse il passaporto del bimbo. E che fosse proprio la zia Aya, cioè la controparte, a pretenderlo indietro.

Nel provvedimento con cui “rigetta la richiesta di concessione di termini a difesa, il giudice rigetta l’eccezione di incompetenza rimettendo al tutore (Aya, la zia paterna dell’unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, ndr) ogni decisione sulle modalità di frequentazione dei parenti materni con il minore” e “rigetta le richieste volte ad ottenere l’effettuazione di consulenze tecniche d’ufficio“.

Ma, al contempo, il giudiceinvita il tutore a domandare a Shmuel Peleg la consegna del passaporto entro e non oltre il 30 agosto”.

La consegna, però, non è mai avvenuta e ha permesso al nonno, indagato dalla procura di Pavia per sequestro di persona aggravato dall’età del minore, di prendere un aereo dalla Svizzera e raggiungere Israele con il nipote.

Cos’è dunque che non ha funzionato? Cosa avrebbe dovuto e potuto fare la zia?

“L’elemento che si può sottolineare in questa vicenda è una disattenzione, una distrazione nella gestione di questa tutela fatta con il cuore piuttosto che con il cervello, nel senso che il giudice aveva dato al tutore la possibilità di poter acquisire il passaporto e determinare lei stessa la modalità per la frequentazione del piccolino e del nonno – spiega l’avvocato Giorgio Vaccaro, uno dei più noti esperti in Diritto di Famiglia con un Master in Psichiatria Forense in età evolutiva. – In questi casi, quando c’è il rischio, segnalato, di una sottrazione, di un allontanamento, di un contrasto rispetto alla vicinanza di questo minore, buona norma è quella di prevedere, di anticipare quelli che possono essere gli aspetti di rischio e di pericolo proprio per il minore. E, quindi, sarebbe stato opportuno consigliare al tutore di ottenere, prima, il passaporto e, solo dopo, di concedere al nonno la possibilità di frequentare questo bambino”.

“Chiaramente in questo momento la zia sta soffrendo ed è un’analisi che si può fare in punto di diritto“, precisa l’avvocato Vaccaro.

Il passaporto del bimbo poteva essere sequestrato direttamente dalla magistratura, magari attraverso la convocazione del nonno?

“No, così come sappiamo il nonno era in Israele e, quindi, fuori dal raggio di azione di un giudice. – chiarisce l’esperto di Diritto di Famiglia. – Per altro l’unico astrattamente in grado di sequestrare qualcosa è il magistrato penale, ma in presenza di un reato, cosa che, sino ad ora, non si era verificata. Il giudice tutelare aveva per questo correttamente detto alla tutrice di farsi consegnare il passaporto entro un termine. La inutile decorrenza di questo termine consentiva alla zia di non consegnare il nipote a nessuno: lei si è fidata ed il piccolo è stato rapito”.

Ora tocca al Tribunale israeliano decidere.

Il piccolo Eitan ha solo il passaporto israeliano, e pur se, di lui, deve occuparsi la giustizia italiana secondo le norme europee, secondo Anna Cattaneo, presidente della nona sezione del tribunale di Milano che si occupa di famiglia, la legge è comunque chiara su chi deve stabilire dove deve vivere il minore.

L’autorità israeliana minorile dovrà pronunciarsi su Eitan, ma si tratta di una valutazione – dopo un’istruttoria – non nel merito: “E’ l’autorità israeliana che deve disporre il rientro  Ed il rigetto è previsto solo in casi gravi: se vi sia il rischio per il minore di pericoli fisici e psichici o di trovarsi in una situazione intollerabile“, precisa Anna Cattaneo.

“Ritengo però che il minore, essendo nato da genitori israeliani abbia solo il passaporto israeliano, perché è pacifico che il passaporto italiano si può avere solo se si nasce da almeno uno dei genitori italiani, quindi escludo un doppio passaporto. Il bambino ha sicuramente una carta d’identità italiana perché risiede qui”, spiega il giudice all’Adnkronos.

Ieri sera c’è stata una breve telefonata tra Eitan e la zia Aya, la tutrice a cui è stato affidato dal giorno in cui i genitori del bambino sono morti nella caduta della cabina numero 3 della funivia.

“Sì è vero un piccolo colloquio c’è stato, ma non voglio entrare nel merito, sono cose private” conferma Or Nirko, il marito della donna, che risponde ai numerosi giornalisti che da giorni presidiano la casa a pochi chilometri da Pavia.

 

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