Arriva la prima condanna a morte dei Talebani: è il fratello di un afghano interprete per gli Usa
E, alla fine, eccolo tornare a galla il vero volto dei Talebani che, dopo tante rassicurazioni pubbliche sul rispetto dei diritti in Afghanistan e sulla decisione di non perseguire chi ha collaborato con la coalizione internazionale, ora annunciano la prima condanna a morte nel Paese per il fratello di un afghano che ha prestato servizio come interprete alle truppe americane.
Non sono passati che pochi giorni da quando i Talebani hanno preso Kabul e, con la capitale, quasi tutto il controllo dell’Afghanistan se si escludono le provincie della valle del Panjshir. Eppure con questa condanna a morte si torna di colpo indietro di vent’anni.
Era nell’aria, certo. Erano in pochi a credere che le promesse di pace dei Talebani fossero reali e concrete. E ora cade il velo sulle vere intenzioni degli ex-studenti delle scuole coraniche. L’accusa dei Talebani formulata contro l’uomo condannato a morte è quella di aver aiutato gli Usa e di fornire protezione a suo fratello. Lo rivela la Cnn, che pubblica anche le immagini delle tre lettere che sono scritte in pashtu e “hanno sigilli che corrispondono a quelli delle lettere d’archivio talebane“.
La prima lettera dei talebani, scritta a mano, ordina all’uomo di comparire per un’udienza. La seconda, sempre manoscritta, è un avviso della sua mancata comparizione per l’udienza. Nella terza lettera, che è dattiloscritta, i talebani informano l’uomo che, poiché ha rifiutato i precedenti avvertimenti di fermare “la servitù ai crociati invasori” e ignorato il mandato di comparizione per un’udienza, è stato giudicato “colpevole in contumacia” e per lui è stata emessa una sentenza di morte.
“Queste decisioni del tribunale sono definitive e non avrai il diritto di opporti – si legge nella terza lettera – Hai scelto questo percorso per te stesso e la tua morte è eminente [sic], se Dio vuole”. “Abbiamo raggiunto l’obiettivo per cui eravamo andati lì“, sostiene spudoratamente da Singapore, dove è arrivata domenica per un viaggio che prosegue in queste ore in Vietnam, la vicepresidente Usa, Kamala Harris nel penoso e anche un po’ ridicolo tentativo di costruire una narrazione favorevole alla decisione di Biden di spiantare in fretta e furia e in maniera caotica lasciandosi alle spalle un Paese completamente allo sbando e dal futuro incerto. La prima condanna a morte nel nuovo Afghanistan talebanizzato è lì a smentirla.