Afghanistan, l’ultima foto drammatica dell’inviata Clarissa Ward è il simbolo della resa

21 Ago 2021 15:58 - di Hoara Borselli
Afghanistan Clarissa Ward

In questo momento di terrore e orrore per l’Afghanistan con il ritorno delle truppe talebane, le immagini e i racconti che ci riportano i giornalisti sul campo, le immagini social di chi vuole fare sentire la propria voce, sono una drammatica testimonianza di quello che sta accadendo. Un segnale importante che riesce a darci il termometro della situazione e ci fa capire quanto poca ‘distensione’ ci sia per abusare di un termine tanto citato in queste ore.

Il coraggio di Clarissa Ward

Uno dei simboli più forti che rimaranno impressi a livello mediatico e che delineano il cambiamento reale di una popolazione e della sua storia è rappresentato da Clarissa Ward, inviata della Cnn da Kabul una delle giornaliste più famose del mondo soprattutto una delle più coraggiose. Una donna in prima linea che ha raccontato passaggi epocali dopo la presa di Kabul. Dalla foto diventata virale in cui si mostra il cambiamento culturale per la donna avvenuto in 24 ore. Un accostamento di immagini dove si vede la stessa giornalista senza velo, contrapposta a quella con il volto coperto dall’hijab. Con una scatto il cambiamento di un mondo, la perdita dei diritti delle donne. Una foto- personificazione che ha esposto la stessa Ward a forti critiche per aver indossato gli abiti imposti alle donne.

Significativa la sua risposta: «Il mio lavoro è uscire per le strade per sentire cosa pensi la gente e vedere cosa stia succedendo. Quindi devo essere disposta a indossare tutto il necessario, onestamente, per essere in grado di uscire e fare il mio lavoro, e rispettare la tradizione di qualsiasi cultura da cui io stia scrivendo». Documentare, riuscire a far arrivare la notizia significa anche questo,andare al limite per far capire cosa sta succedendo: in questo la Ward è sempre stata in prima linea a livello informativo direttamente dal campo di sopraffazione talebano.

Minacce, intimidazioni. Poi la resa

Di quanto il clima nei giorni si sia fatto sempre più teso a Kabul è stato documentato sempre dai racconti della reporter della CNN. Dopo la foto, è arrivato il video diffuso dalla rete americana che ha mostrato alcuni concitati momenti che la riprendono mentre un gruppo di Talebani si avvicina a lei e alla troupe minacciosi che le corrono incontro: le chiedono di spegnere la telecamera, aggrediscono un operatore, le ordinano di coprirsi il volto nonostante abbia la testa già coperta da un pesante velo nero mentre camminano per le strade di Kabul. Lei però non perde la calma. «È molto rischioso, è molto pericoloso», commenta la Ward nel servizio, la situazione «è completamente imprevedibile. Per me, è un miracolo che più persone non siano state gravemente ferite».

La foto drammatica postata da Clarissa Ward

Minacce, intimidazioni che hanno mostrato ancora una volta chiaramente cosa è diventata Kabul, un video documento della complessa e difficile situazione nella capitale dell’Afghanistan e del clima di violenza che ha raggiunto. Il preziosissimo lavoro della stampa e di chi fa comunicazione fa capire quanto sia importante tenere i fari accesi perché venga denunciato ogni sopruso. Se viene meno questo, se non c’è la libertà di informare,l a gravità della situazione diventa un segno tangibile. In questo la corrispondente della CNN è stata ancora una volta purtroppo puntuale: nel suo ultimo tweet ha annunciato che avrebbe lasciato Kabul postando lei stessa una drammatica foto mentre si trova a bordo dell’aereo che l’ha evacuata. Adesso però anche la Ward si è dovuta arrendere agli eventi e ha lasciato l’Afghanistan.

Il simbolo della censura, una sconfitta oer l’Occidente

«Appena atterrata a Doha con il team e quasi 300 afghani evacuati. Grazie infinite a tutti voi per il vostro sostegno e preoccupazione e all’Us Air Force per averci fatto volare e al Qatar per averci accolto. Noi siamo fortunati», ha dichiarato nel post. La resa di Clarissa Ward nell’ultima sconvolgente foto è il simbolo della censura la libertà di stampa. Una sconfitta immane su cui l’Occidente non deve solo riflettere ma agire.

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