I 100 giorni di Letta alla guida dem: figuracce e flop nel nome di «un Pd moderno e di sinistra»
«Voglio un Pd moderno e di sinistra. Il mondo è cambiato». Repubblica sintetizza così, nel titolo, il pensiero di Enrico Letta al quale dedica una paginata in occasione di una “discussione” in pompa magna sul suo libro, Anima e cacciavite, che cade, sottolinea l’articolo, in concomitanza coi «100 giorni dall’insediamento al vertice del Pd». La circostanza, dunque, dovrebbe essere il momento per un primo bilancio del mandato, misurandone iniziative e risultati. Invece, è tutto un parlare di scenari, Europa, Biden, bipolarismo, crisi esistenzial-politiche che, negli anni dell’esilio, hanno trasformato il segretario, che ora vorrebbe trasformare il partito a sua (nuova) immagine. D’altra parte, non potrebbe essere altrimenti: le iniziative inanellate da Letta in questi cento giorni, infatti, non sono state delle più felici ed è davvero meglio non stare lì a ricordarle.
Alla ricerca di «una moderna proposta democratica»
«Io sono arrivato con un profilo antico, di uno che non incarnava la sinistra dura e pura, ma il moderatismo prodiano degli anni ’90», ha detto Letta, sottolineando che «in questi sette anni fuori dall’Italia ho avuto la fortuna di guardare il mondo attraverso gli occhi dei tanti studenti incontrati per lavoro». È stata, ha aggiunto, «un’esperienza che mi ha cambiato» e, oggi, ha proseguito, «abbiamo la necessità di ripensare a cosa vuol dire sinistra, di costruire una moderna proposta democratica in grado di parlare soprattutto ai giovani». Per questo ha deciso di riunire al Nazareno, scrive Repubblica, «un gruppo di intellettuali per cercare idee e spunti sui quali rifondare “il partito dell’intelligenza collettiva”». Fra questi ci sono Marino Sinibaldi e Lucia Annunziata, Ferruccio De Bortoli e Peppe Laterza, Nadia Urbinati e Maurizio Ferrera.
Il think tank per far capire a Letta dove va la sinistra
Si direbbe una specie di think tank, il cui punto di partenza è stato, appunto, Anima e cacciavite. Le premesse, insomma, non sono delle migliori, considerando lo scarso appeal che ha avuto il libro fra gli italiani. Ecco, per il bilancio dei cento giorni di Letta si può partire propri da qui: da quel volume che, stando alle ultime indiscrezioni, nei canali tradizionali si sarebbe fermato sotto le 3500 copie vendute e che non è mai svettato neanche nelle classifiche di vendita online.
Le premesse di 100 giorni di flop: la svolta rosa
La figura, certo, non è stata delle migliori, ma in fin dei conti forse non è stata neanche la peggiore. Il meglio di sé, infatti, Letta sembra averlo dato proprio come segretario. A partire dalla svolta rosa. La grande fanfara sul cambio alla guida dei vertici dei gruppi parlamentari, infatti, si è risolta nei litigi prima e nella pressoché totale assenza di candidate alle amministrative poi. «Elezioni amministrative: le donne dem candidate solo al sacerdozio», titolava qualche tempo fa Il Tempo, parafrasando una velenosissima Teresa Bellanova, che punzecchiava il segretario su un’altra trovata geniale di questi 100 giorni: mettersi a dire che «anche per la Chiesa è arrivato il momento di aprirsi e valorizzare le donne, fino a pensare al sacerdozio femminile». Risultato: farsi dare della «povera stella» dal numero due della Cei, il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla.
L’idea geniale di Letta: la tassa per dare la dote ai giovani
Non è andata meglio sul fronte giovani. Tra voto ai sedicenni e tassa per fornire i ragazzi di una dote da 10mila al compimento del 18esimo anno, Letta ne ha infilata una dietro l’altra che a Roma direbbero “fermate”. «Veramente qualcuno crede che per un sedicenne, oggi, la priorità sia il diritto di voto e non il diritto all’istruzione, alla socialità, alla libertà?», chiese Meloni, parlando di «demagogia con armi di distrazione di massa». Quanto alla iper divisiva tassa per la “dote” ai giovani, lanciata sulla piazza esclusivamente mediatica, Letta è riuscito a farsi criticare pure dal Manifesto, per altro non ostile all’idea. «Il politicismo contro la politica», ha titolato il giornale, sottolineando come la proposta apparisse del tutto estemporanea rispetto alla necessità di una riforma fiscale complessiva e di una visione strategica del sostegno ai giovani.
I diritti per la minoranza della minoranza
Tema diritti, altro terreno sul quale Letta si è lanciato al galoppo. Pure qui, tra i tanti diritti che andrebbero rafforzati oggi in Italia, anche alla luce della devastazione prodotta dal Covid, lui su cosa va a puntare? Ius soli e ddl Zan, vale a dire due argomenti che sono all’apice delle priorità solo di una minoranza della minoranza e che, allo stato attuale e considerando il grado di litigiosità che provocano nella maggioranza, l’unica chance di riuscita che hanno è quella di far venire una crisi di nervi anche al serafico Draghi, che già avuto il suo momento di cedimento di fronte alla tassa di successione per dare i soldi ai 18enni. «Non ne abbiamo mai parlato, non l’abbiamo mai guardata ma non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli», lo liquidò il premier in diretta nel corso di una conferenza stampa.