I verbali inchiodano Speranza: diario sciagurato. Il Covid circolava, lui e Conte non ci capivano nulla

10 Giu 2021 10:22 - di Gabriele Alberti
Speranza verbali segreti
“Focolaio contenuto”. “Solo la Cina è in pericolo”: ecco un piccolo diario sconcertante che dimostra la totale inadeguatezza del duo formato da Giuseppe Conte e dal ministro Roberto Speranza. La gestione della crisi pandemica ha fatto acqua. Lo dimostrano quei verbali di quelle riunioni  rimasti fino a ieri segreti. E che ora  grazie al ricorso di FdI, precisamente del parlamentare Galeazzo Bignami, sono stati tutti pubblicati per ordine del Tar.

Covid, Speranza e Conte non ci hanno capito nulla

Ecco i passi salienti di quelle riunioni con il team formato da  Silvio Brusaferro, Agostino Miozzo, Gianni Rezza, alla guida della cosiddetta task force contro il Covid. Il 22 gennaio Speranza  raccomandava: «Monito rare gli arrivi da Wuhan» e «mantenere un profilo comunicativo sobrio». Bisogna controllare gli aeroporti: anche se «resta inteso che al mo mento i voli attenzionati sono solo quelli diretti, rimanendo esclusi quelli provenienti da scali intermedi tra Cina e Italia». E non solo, per “test” si intende controllo della temperatura e diffusione di opuscoli informativi. D’altra par te, specifica l’Istituto Superiore di Sanità, «possono essere adottate misure di tipo organizzativo e precauzionale, poiché non esiste alcun farmaco o vaccino».

Speranza e i verbali segreti: “Paure non giustificate”

Il 23 gennaio sembra che la più grande preoccupazione della nostra squadra pare essere quella di «informare i citta dini circa la non pericolosità di giocattoli e vestiti “made in China” e sollecitare l’Oms perché confermi che lo stesso valga per gli animali». Viene individuata l’opportunità di creare accessi differenziati per gli eventuali malati di Coronavirus in tutti i pronto soccorso del Paese. Come sappiamo, la situazione sarà ben diversai. Per il resto, Speranza parla della «necessità di comunicare adeguatamente la reale portata del fenomeno al fine di non ingenerare nei cittadini confusione e paura ad oggi non giustificate». Stava per iniziare la tempesta, ma il clima era sereno. Si accenna a discutere di «risorse umane» da reperire.

Personale mobilitato insufficiente, totale sottovalutazione

E non certo un numero sufficiente. Si parla di mobilitare una équipe composta da «8 unità di medici e 8 unità di infermieri sia su Roma che su Milano», per controllare 17mila viaggiatori al giorno. Personale che, peraltro, bisognava ancora trovare.  Si commenta da sé. Il 24  gennaio l’Istituto Superiore di Sanità fornisce una prima stima sui «tempi necessari per avere l’eventuale farmaco o vaccino». Si ammette che ci vorrà almeno un anno. Contestualmente lo Stato maggiore della Difesa abbassa a 5 unità la disponibilità di personale sanitario: 5 medici e 5 infermieri da dislocare negli aeroporti in caso di emergenza. Del tutto insufficienti.
Si arriva dunque al  31 gennaio con i primi due casi di Covide dei turisti cinesi. Per l’allora premier Giuseppe Conte «non c’è alcun motivo di preoccuparsi». E que sto perché «siamo prontissimi». Speranza solo allora si interroga sulla necessità di trovare un modo per sottoporre a test le persone che arrivano dall’Asia facendo scalo all’estero. Ma è già tardi. Dati da Aeroporti di Roma specificano che i cinesi passati da Fiumicino in quei mesi sono stati 800.000. Il 35% (ovvero 280.000 persone) non ha preso un volo diretto e di conseguenza non può aver subito alcun controllo.

A febbraio Speranza, Conte e Task force erano ottimisti

Eppure il 2 febbraio torna l’ottimismo. Dopo la paura per i due turisti cinesi, tra gli esperti circola ottimismo. Il ministero della Salute comunica che «le misure di contenimento stanno portando a risultati». Le ultime parole famose. Circolano altre convinzioni, del tipo: «L’infezione asintomatica è rara e la trasmissione da parte dei casi asintomatici è rara. Queste situazioni non dovrebbero contribuire alla diffusione del virus in modo continuativo». Alla faccia. Arriviamo al tema delle mascherine: «Al momento sono state ricevute informazioni da una ditta che sembra abbia in stock circa 800mila mascherine chirurgiche; e prevede di averne altre 400mila in dieci giorni». Una scorta minima, sufficiente per poche ore.

“I numeri sono limitati”

Ma non c’era solo Speranza a stare tranquillo. Silvio Brusaferro spiegava che «i numeri ad oggi sono ancora limitati, si ritiene che le misure di contenimento adottate al di fuori del territorio cinese stiano funzionando; nonostante in Cina la situazione appaia ancora in espansione». Il che porta a una totale sottovalutazione. Infatti il 6 febbraio, nonostante  Il virus circoli in mezza Europa (compare per la prima volta in Belgio) la nostra task force è molto tranquilla: «Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie», si legge nel verbale «sta per effettuare una nuova valutazione: dalla quale emergerebbe che la probabilità di infezione fuori dalla Cina è molto bassa. Mentre il rischio risulta elevato in Cina per chi si reca in detto Paese».

Un florilegio di errori e sottovalutazioni

Che il governo abbia capito poco e male si deduce dal fatto che, riguardo alla Cina, i tecnici dell’Iss spieganovano che: «la curva pandemica è in crescita anche perché la popolazione è molto numerosa». E la cosa che oggi sconcerta è leggere che  «si suggerisce di predisporre un piano organizzativo per implementare i posti in terapia intensiva. Nell’eventualità che vi fosse un’epidemia nel nostro Paese». Nell’eventualità, locuzione ridicola se non fosse tragica: l’epidemia c’era  già. Sappiamo che i posti in terapia intensica  non verranno potenziati. «È importante precisare che il virus non è arrivato in Italia», si legge nel verbale. Il ministro Speranza «evidenzia la necessità di comunicare all’opinione pubblica che resta ferma la misura di sospensione dei voli diretti da e verso la Cina». Il tutto ben sapendo (dal 22 gennaio) che sarà tutto inutile senza fermare i viaggiatori che fanno scalo in aeroporti all’estero.

E venne il tempo della solidarietà alla Cina

Un florilegio di errori e sottovalutazioni. Solo il 7 febbraio l’ottimismo della nostra task force comincia a vacillare. Rezza parla dei casi che si sono verificati in Francia, che riguardano «passeggeri provenienti da Singapore: ciò potrebbe dimostrare che l’azione di contenimento in Asia non sia del tutto efficace, quindi occorre fin d’ora predisporre un piano». Alla buon’ora….In particolare, «bisogna verificare se disponiamo di strutture ospedaliere adeguate». La prima cosa cui si doveva guardare viene esaminata dopo  17 giorni dalla prima riunione. Di qui una sequela di scene surreali: si procede, comunque, con fiducia cieca nel principale strumento di controllo negli aeroporti: il termoscanner. Ippolito spiega che «va considerato che l’efficacia ufficialmente riconosciuta del termoscanner è pari al 43%». Poi arriverà la psicosi cinese: sono i giorni in cui – in testa il sindaco di Milano Giuseppe Sala-  si lancia la sua campagna contro la psicosi da Coronavirus. Involtini primavera e “adotta un cinese”.
Speranza annuncia che «Il governo continuerà a promuovere iniziative di sostegno umanitario e di solidarietà nei confronti del popolo cinese». Il ministro dà indicazione di «garantire una comunicazione volta a rassicurare la popolazione dopo i messaggi allarmistici comparsi sui TG». L’Istituto Superiore di Sanità conferma per l’ennesima volta: «Oggi in Europa il virus non circola». E il ministero «ritiene sufficiente una mappatura rispetto a uno scenario con bassa gravità».
 Per cui l’ 11 febbraio si perde ancora tempo con gli anatemi contro i tg: “Troppi allarmi”. Il 12 febbraio si accorgono che qualche problema c’è:  Brusaferro spiega che la Cina non ha conteggiato gli asintomatici: così i numeri sarebbero sottostimati. E infatti un altro “esperto” del ministero, Ruocco, afferma: «Non notificare pazienti positivi asintomatici sarebbe gravissimo».  Il ministro spiega nel verbali delle riunioni  che Pechino ha effettivamente cambiato il modo di conteggiare i malati. «Abbiamo chiesto a Pechino un chiarimento», si legge.

La “Questione africana”, Speranza: “Niente allarmismi”

Poi scoppia la “questione africana”, siamo al 13 febbraio.  In Egitto  c’è un positivo asintomatico e Speranza affermava: «i mass media stanno creando allarmismo», pertanto occorre mantenere alta l’attenzione. «Solo utilizzando fonti attendibili si possono evitare fake news», dice il ministro. E torna il sereno sull’esecutivo Conte che brancolava nel buio. Rezza spiegava  che «bisogna riconoscere la grande opera di contenimento del focolaio. Ma l’attenzione resta alta». Tanto alta da investire tutta la strategia anti-Covid  con volantini, termoscanner negli aeroporti, uno spot sull’importanza del lavaggio delle mani. Mentre si sta cincischiando arriva la doccia fredda: «Il prof Ippolito illustra schede che, in via confidenziale, nella tarda serata di ieri le autorità cinesi gli hanno anticipato. E che nelle prossime 48 ore saranno rese note». Cosa c’è scritto in queste schede? «Il virus dovrebbe essere alla quinta generazione». Cioè in circolazione già da un pezzo.

“Rallentamento della diffusione”

Speranza e superesperti non hanno ancora percepito la gravità del momento. Perché questa notizia, si legge, o induce «meno pessimismo rispetto a ieri». Cioè, più passava il tempo e più erano sollevati.  «Nella regione europea non sono stati registrati nuovi casi di positività, né, a livello mondiale: l’epidemia si è manifestata in nuovi Stati. Questi dati indicano un rallentamento nella diffusione». Il teatro dell’assurdo.  Brusaferro continuava a sostenere che «la Cina sta contenendo l’epidemia». E Speranza invitava tutti alla prudenza: «Potremmo disporre misure più drastiche, ma è opportuno valutare ora dopo ora». Il 21 febbraio è il giorno del “Paziente Uno” di Codogno. Il Coronavirus  circolava da mesi in Cina come in Italia. Si capisce perché il ministro Speranza non voleva desecretare i verbali.

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