Chiude l’Archivio della Stasi: atti sulle “vite degli altri” e file segreti della Ddr passano all’autorità federale

17 Giu 2021 21:00 - di Bianca Conte
Archivio Stasi

Quelle stanze polverose e grigie, in cui gli uomini della Stasi – il famigerato servizio di sicurezza della Germania dell’Est – si affaccendavano per distruggere quel che potevano dei milioni di incartamenti sulle “vite degli altri”. Dettagli, sospetti, vicende raccolti nel corso dei decenni in  carte e dossier che hanno scritto interi capitoli di storia. Ebbene oggi, quell’Archivio della documentazione Stasi, l’istituzione che per trent’anni ha gestito quei milioni di documenti, foto e registrazioni effettuate dalla temuta polizia politica della defunta Germania orientale, chiude i battenti.

Chiude l’Archivio della Stasi

Dopo il voto in parlamento dello scorso novembre, le autorità hanno affidato la responsabilità dell’immensa mole di materiale agli Archivi federali di Coblenza. Sul piano pratico, la documentazione rimarrà nello storico quartier generale della Stasi a Berlino e in altre sedi in Germania est, con i 1300 impiegati che diventeranno dipendenti degli Archivi federali. Continuerà il lavoro storico di ricerca e per i comuni cittadini, come hanno già fatto in 3,5 milioni, che potranno sempre richiedere i dossier che gli uomini della Stasi avevano stilato sul loro conto. Ricerche e archiviazioni finora svolte nel piano sotterraneo dello storico edificio del vecchio ministero del servizio di sicurezza della Ddr a Berlino, dove tra scaffali e stanze buie si custodiscono i dossier, rigorosamente schedati in ordine alfabetico nei casellari.

Archivio della Stasi, i documenti passano sotto l’autorità federale

All’epoca della caduta del muro di Berlino, nel novembre 1989, la Stasi aveva raccolto dossier sui 6 milioni di persone. Si calcola che vi fossero più di 111 chilometri di documentazione cartacea. Dopo il crollo del regime, storici, archivisti e ricercatori, hanno inoltre rinvenuto più di 15.000 sacchi di documenti distrutti che ancora non si è riusciti pienamente a ricostruire. A fronte di questo lavoro di ricomposizione di un enorme puzzle, però, non possiamo non citare le circa 2.500 pagine di documenti redatti dalla famigerata polizia della Germania Est e pubblicate su un sito istituzionale. Dalla loro lettura, il racconto di decenni di sorveglianza e repressione all’ombra del Muro e in nome della Ddr. Documenti che alla caduta del Muro di Berlino i cittadini salvarono provvidenzialmente, impedendo agli agenti della Stasi di distruggerli.

Un software per ricostruire i file segreti salvati dalla distruzione

Del resto, come abbiamo già scritto su questo giornale, annientare tutto era l’ordine irrevocabile. Alcuni atti furono bruciati. Altri resi illeggibili impastando carta e acqua in enormi palle di cartapesta. Altri ancora, invece, furono semplicemente triturati. «Il 20 per cento – alcuni dicono il 50 per cento – andò distrutto». Il resto rimase in parte intatto, in parte ridotto in frammenti. Qualcuno tempo fa ha stimato che ci vorrebbero 800 anni per rimettere tutto insieme. Dal 2013, però, è subentrata fattivamente la tecnologia a velocizzare il lavoro.

 

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