Vacilla il business delle intercettazioni gestite in tutta Italia dalla società Rcs, altri tre indagati

17 Mag 2021 20:57 - di Silvio Leoni
RCS INTERCETTAZIONI PALAMARA

Spuntano altri tre indagati, oltre all’ingegner Duilio Bianchi, nel business milionario delle intercettazioni fatte, a beneficio delle Procure italiane, dalla società Rcs che ha inoculato il Trojan nel cellulare di Luca Palamara.

Dopo gli esposti presentati da Cosimo Ferri e Luca Palamara sulle modalità di svolgimento delle intercettazioni svolte dalla società milanese Rcs, utilizzata da tantissime Procure italiane, lo scandalo si allarga.

E’ quanto emerge dal decreto di ispezione disposto dalle Procure di Napoli e Firenze che stanno svolgendo in coordinamento le indagini su un server della società Rcs a Napoli.

L’atto con cui le due procure hanno disposto l’ispezione, già effettuata venerdì scorso e di cui si attende la relazione, è stato depositato questa mattina nell’udienza preliminare a Perugia che vede coinvolto l’ex-consigliere del Csm per corruzione.

I reati contestati dai pubblici ministeri di Napoli all’ingegnere Bianchi, responsabile tecnico della società Rcs, e ad altri tre dirigenti dell’azienda sono accesso abusivo a sistema informatico e frode nelle pubbliche forniture.
Solo due dei tre dirigenti, tra cui Bianchi, sono, invece, indagati dalla Procura di Firenze.
Per Bianchi le accuse sono di frode nelle pubbliche forniture, falso e falsa testimonianza.

Secondo quanto si legge nel decreto di ispezione, la società Rcs SpA “forniva alla Procura della Repubblica di Napoli un documento descrittivo dell’architettura di sistema dei server e degli standard adottati, che tuttavia appaiono difformi rispetto a quelli emersi dalle indagini svolte”.

“Inoltre, sulla base degli accertamenti svolti e dei documenti allo stato acquisiti non risultano effettuate – scrivono i magistrati nel documento – comunicazioni alla Procura di Napoli, né in merito alle attività di azione degli impianti né in ordine all’effettiva architettura dei sistemi né, infine, quanto alla concreta modalità di funzionamento dei sistemi, in particolare in merito alla trasmissione e memorizzaazione dei dati dei captatori, così come emergenti dalle risultanze istruttorie”.

Secondo i pm di Napoli e Firenze, l’ispezione “appare allo stato l’unica procedura in grado di assicurare le esigenze probatorie salvaguardando le attività di intercettazione disposta dall’autorità giudiziaria, poiché qualsiasi altra modalità di accertamento comportando lo spegnimento degli apparati di intercettazione, determinerebbe un irrimediabile pregiudizio per le attività di intercettazione in corso, disposte anche da altri uffici di Procura”.

L’ispezione “della sala e degli impianti installati dalla società Rcs Spa presso gli uffici della Procura di Napoli” è stata disposta al fine di “descrivere l’architettura e le modalità di funzionamento dei server e le piattaforme hardware e software di gestione; individuare e descrivere le funzioni dei server, indicare i tempi di ricezione, ricomposizione dei dati su vari server e i tempi di cancellazione dei dati dopo la trasmissione ai server Ivs; verificare l’esistenza e funzionamento del server Hdm specificando le modalità, i tempi di trasmissione, ed eventuale memorizzazione, ricomposizione e successiva cancellazione dei dati, ove tuttora attivo”.

Con questo accertamento si punta anche a “descrivere, se il reato non ha lasciato tracce o effetti materiali, o se questi sono scomparsi o sono stati cancellati o dispersi, alterati o rimossi, lo stato attuale e, in quanto possibile, verificare quello preesistente” e accertare se “risultino tracce del captatore informatico inoculato su disposizione della Procura della Repubblica di Perugia”.

La vicenda ora si riverbererà, naturalmente, su tutte quelle molte Procure che, in Italia, utilizzano la società Rcs i suoi software e i suoi apparati. E, probabilmente, ci saranno, a cascata, specifiche contestazioni dei difensori di quanti sono stati intercettati con quel sistema.

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