Vaticano, il Riesame conferma l’arresto del broker Torzi, latitante. I legali: mancanza di indizi
Il Tribunale del Riesame di Roma conferma la misura cautelare del carcere per il broker Gianluigi Torzi al quale la Procura di piazzale Clodio contesta i reati di autoriciclaggio e emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti. Ma i legali di Torzi, gli avvocati Marco Franco e Ambra Giovene, che avevano chiesto, invece, l’annullamento della misura “per mancanza di indizi” promettono di andare “fino in fondo a questa battaglia legale utilizzando ogni mezzo che l’ordinamento prevede, fino a quando non troveremo un giudice che riconoscerà l’infondatezza delle accuse“.
Torzi, già coinvolto nella vicenda della compravendita dell’immobile di Sloane Avenue a Londra per la quale è sotto inchiesta da parte dell’Autorità Giudiziaria Vaticana che gli ha contestato un illecito profitto pari a 15 milioni di euro, la scorsa settimana è stato dichiarato formalmente latitante dal giudice della Capitale.
In base alle indagini, delegate dai magistrati di piazzale Clodio titolari del fascicolo, il sostituto procuratore Maria Teresa Gerace e il procuratore aggiunto Rodolfo Sabelli, agli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, è stato ricostruito come una parte dei 15 milioni, bonificata a due società inglesi dell’imprenditore molisano, sarebbe stata impiegata per l’acquisto di azioni di società quotate nella borsa italiana, per un importo di oltre 4,5 milioni di euro. Somma che ha consentito a Torzi, dopo pochi mesi, di conseguire un guadagno di oltre 750.000 euro, e di ripianare il debito di 670.000 euro di altre due aziende.
“Noi ancora non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione – dicono i difensori di Torzi – ma se è vero che hanno confermato l’ordinanza sappiamo, già prima di leggere le motivazioni, che è stato emesso un provvedimento ingiusto. Andremo fino in fondo a questa battaglia legale utilizzando ogni mezzo che l’ordinamento prevede, fino a quando non troveremo un giudice che riconoscerà l’infondatezza delle accuse”.