Strage di Bologna, archiviazione per il giornalista del Secolo indagato per un’intervista a un magistrato
La Procura di Ancona ha chiesto e ottenuto dal gip del Tribunale dorico l’archiviazione del procedimento nel quale la pm Irene Bilotta aveva indagato il cronista del Secolo, Silvio Leoni ipotizzando gravissimi reati in relazione ad un’intervista telefonica che il giornalista aveva tentato di fare, il 18 ottobre del 2019, al presidente della Corte d’Assise Michele Leoni.
“Non abbiamo ancora le motivazioni ma tutto è stato archiviato: evidentemente, come era prevedibile, non è emerso alcun elemento idoneo dell’accusa su possibili intrusioni del mio assistito sul cellulare del presidente della Corte d’Assise di Bologna Michele Leoni“, dice all’Adnkronos l’avvocato Paolo Palleschi, difensore del giornalista del Secolo d’Italia.
Silvio Leoni era stato indagato dalla Procura di Ancona per minacce aggravate e accesso abusivo ad un sistema informatico – il 18 novembre 2019, su delega della pm Irene Bilotta, i carabinieri di Bologna ne avevano perquisito l’abitazione e posto sotto sequestro il cellulare – dopo aver telefonato al presidente della Corte d’Assise di Bologna Michele Leoni chiedendogli un’intervista sul processo riguardante la strage di Bologna. Un mese dopo, gli era stato notificato un avviso di garanzia.
Il giornalista era stato ascoltato dalla pm e, nell’occasione, era stato chiesto al cronista di svelare le sue fonti, in particolare come e da chi aveva ottenuto il numero di telefono del giudice.
Successivamente l’avvocato Palleschi aveva chiesto e ottenuto dai giudici del Tribunale del Riesame l’immediato dissequestro del cellulare del giornalista.
Ma la pm Bilotta non si era data per vinta e, nuovamente, a distanza di un’ora dal dissequestro aveva una seconda volta sequestrato l’apparecchio telefonico del cronista, modificando e aggravando le ipotesi di reato e disponendo poi una perizia tecnico-informatica sugli oltre 2.000 contatti telefonici per accertare se vi fossero relazioni con l’eversione di destra. E, in questa maniera, la Procura di Ancona violava le fonti del cronista nonostante una sentenza della Cassazione lo vietasse.
“Mi auguro che questa archiviazione – sottolinea l’avvocato Palleschi – abbia il giusto peso sugli organi di informazione, che ci si possa focalizzare sulla vicenda…”.
”Un giornalista è finito sotto inchiesta per aver provato ad avere un’intervista su un tema cui ha lavorato per decenni, accusato di hackeraggio per avere acquisito furtivamente il numero di telefono del giudice Leoni – ricorda il noto penalista romano – E poi l’accusa gravissima di aver minacciato lo stesso giudice turbando l’esercizio delle sue funzioni. Per fortuna il gip ha accolto la nostra richiesta di archiviazione. Evidentemente non c’era trippa per gatti”.
Palleschi aveva opposto alla pm, fra l’altro, il fatto che non fosse competente territorialmente la Procura di Ancona ma, anche, la mancanza di una querela di parte.
“Ora che tutto è stato archiviato, pretendo le scuse pubbliche dal pm che ha preso una cantonata. E si è ostinata a continuare su quella strada, cercando di dimostrare, a tutti i costi, contatti sul mio cellulare con la destra eversiva, quando il mio primo numero in rubrica è di Alberto Franceschini, tra i fondatori delle Br. Credo che a volte uno dovrebbe evitare di lavorare con il pregiudizio“, dice all’Adnkronos il giornalista del Secolo d’Italia.
”È dal 1987 che mi occupo di inchieste sul terrorismo, l’intelligence e le stragi, in particolare quelle di Ustica e Bologna – ricorda Leoni. – Ho seguito, come giornalista, tutte le relative Commissioni Parlamentari d’inchiesta, dalla “Moro”, alla “Stragi” fino alla “Mitrokhin” dove sono stato chiamato anche come consulente per le mie competenze in materia”.
”Ho sempre e solo cercato la verità senza pregiudizi. E di pregiudizi, anche infantili, sulla vicenda della strage di Bologna, ne ho trovati parecchi. – conclude Leoni – Basta vedere gli attacchi scomposti riservati alla pista palestinese e al caso della 86esima vittima. Non è in quella maniera che si serve la Verità”.
Sulla vicenda interviene, di nuovo, il presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, Carlo Verna.
“Abbiamo seguito con attenzione la vicenda Leoni, con rispetto nei confronti della magistratura. E, alla fine, per fortuna, si è concluso tutto con un’archiviazione. Alla soddisfazione per la conclusione e alla fiducia nella giustizia, viene accompagnata la perplessità – dice Verna parlando con l’Adnkronos – perché certe vicende non dovrebbero proprio cominciare”.
”Ci sono voluti due anni in questo caso – aggiunge il presidente dell’Ordine di categoria – con la macchina che ha messo sotto pressione il collega. Ci devono essere le querele, certamente, se ledono veramente una persona. E se non si rispecchia la verità. Ma che non siano temerarie. In questi casi non viene colpito solo il giornalista, ma il diritto di sapere. Chi ripaga delle sofferenze subite un cronista ingiustamente accusato?”, si chiede Verna.
“A mio avviso l’archiviazione dell’indagine era scontata, nonostante fosse stato disposto per ben due volte il sequestro del telefono cellulare del giornalista – dice all’Adnkronos l’avvocato Valerio Cutonilli, difensore del giornalista del Secolo d’Italia insieme a Paolo Palleschi – Silvio Leoni si era limitato a compiere il suo dovere di giornalista“.
“Purtroppo – aggiunge Cutonilli – quella della strage di Bologna si conferma materia molto delicata. Caso vuole infatti che Silvio Leoni è il cronista che negli ultimi anni ha condotto inchieste sulla possibile ottantaseiesima vittima della strage…”.
“Grande soddisfazione per l’archiviazione di Leoni. La nostra completa solidarietà al Secolo d’Italia, che ha visto un proprio giornalista accusato ingiustamente semplicemente per aver cercato di intervistare un magistrato. Finalmente è stato reintegrato il diritto di cronaca. Bene ha fatto il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Verna a chiedere la tutela del diritto di ‘sapere’, cruciale in una democrazia”, commenta il fondatore dell’Intergruppo “La verità oltre il segreto”, deputato Federico Mollicone.
“Lanciamo un appello al ministro Cartabia – aggiunge – affinché sia tutelato il diritto di cronaca e il magistrato ne risponda. Esiste un risvolto inquietante: Leoni stava indagando sulla ottantaseiesima vittima, pista ignorata e derisa dai magistrati con la sentenza Cavallini che, di fatto, in realtà, certifica l’esistenza di ‘Ignota 86’. Presenteremo un question time sulla vicenda e chiederemo l’invio di ispettori del Ministero della Giustizia a Bologna“.
L’Associazione Stampa Romana “esprime soddisfazione per l’esito della vicenda processuale che ha riguardato il cronista del Secolo d’Italia Silvio Leoni.”.
”Secondo la procura di Ancona Leoni che aveva chiesto una intervista al magistrato omonimo di Bologna, titolare della nuova inchiesta sulla strage della stazione avvenuta nel 1980, avrebbe usato artifici informatici per ottenere numero e intervista del magistrato che si sarebbe sentito minacciato – ricorda Stampa Romana. – Per provare questa tesi la procura aveva sequestrato il cellulare, strumento di lavoro di Leoni, per esaminarne la rubrica. Una vicenda paradossale e strumentale chiusa nell’unico modo possibile e cioè con l’archiviazione del gip. Questa decisione ricorda anche alla magistratura il rispetto per il ruolo garantito ai giornalisti dalla Costituzione e dalle leggi dello stato, incluso l’uso del segreto professionale“.
avete provato a capire o indovinare quali siano i credo politici della giudicessa indagatrice …scommetiamo da che lato stia??
Ennesima prova di una magistratura malata. Franz Kafka difronte a questo caso avrebbe probabilmente riscritto il suo romanzo; dall’impotenza dell’uomo difronte alla legge all’arbitrio di taluni magistrati difronte alla legge. Povera Italia siamo passati dal paese di Cesare e del Diritto Romano studiato in tutte le università del mondo alla giustizia alla Palamarense. Che tristezza…. e i nostri politici ignavi e impauriti non vedono, non sentono, non parlano.
La più sincera solidarietà al giornalista Silvio Leoni.