Processo alla Saguto, i giudici confermano: provata la mazzetta alla ex-magistrato
Per i giudici del Tribunale di Caltanissetta che hanno condannato a otto anni e mezzo per corruzione l’ex-Presidente della Sezione misure di prevenzione, Silvana Saguto non vi è alcun dubbio che l’ex-giudice incassò una tangente da 20mila euro nascosta in un trolley. E lo scrivono a chiare lettere nelle motivazioni della sentenza ora depositate in cancelleria.
La vicenda di questa provvista da 20.000 euro ha rappresentato uno degli elementi centrali attorno al quale è ruotato tutto il processo alla Saguto.
Quei soldi, celati all’interno di un trolley, vennero consegnati addirittura direttamente nell’abitazione della ex-magistrato, radiata, nel frattempo, dall’ordine giudiziaria.
Secondo la ricostruzione dei pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, l’avvocato Cappellano Seminara il 30 giugno del 2015 avrebbe consegnato direttamente a casa, dentro una valigetta la somma di 20 mila euro. “La dazione di denaro è stata pienamente dimostrata”, dicono, ora, i giudici.
“La cronologia dei contatti che si sono susseguiti tra Cappellano e Saguto dall’8 al 30 giugno 2015- dicono i giudici – dimostra che la visita effettuata da Cappellano Seminara presso l’abitazione di Saguto la sera del 30 giugno 2015 alle 22,35 aveva come precipuo scopo la consegna del denaro ripetutamente richiestogli dalla Saguto nel corso delle conversazioni intercettate“.
“I dialoghi captati – dicono i giudici – in quel periodo, danno prova della situazione di profonda crisi economica, caratterizzata da un elevato indebitamento bancario e da una carenza di liquidità, in cui versava il nucleo familiare Saguto – Caramma (marito della Saguto, ndr) nei mesi da maggio a luglio 2025 e delle pressanti richieste della Saguto, ripetutamente formulate a Cappellano, di fornirle i ‘documenti‘, non meglio precisati, che comunque, nel contesto del discorso apparivano come necessari per fronteggiare i gravi problemi economici“.
Nelle motivazioni della sentenza i giudici di Caltanissetta elencano anche le conversazioni telefoniche ed ambientali sulle “difficoltà economiche vissute dalla famiglia Saguto-Caramma e alle richieste di denaro, più o meno esplicite, formulate da Saguto all’indirizzo di Cappellano Seminara, e culminate, il 30 giugno, con la visita di quest’ultimo a casa di Silvana Saguto, intorno alle 22.30″.
L’11 giugno, la Saguto, parlando con il figlio Elio, che si lamentava di non percepire lo stipendio fino a settembre , lo “esortava a fare qualche sacrificetto” e a “tirare”, gli diceva “speriamo che arrivino le cose che devono arrivare…”.
Da un’altra conversazione, questa volta con la madre della ex-giudice, emerge che “la situazione economica della famiglia Saguto-Caramma era problematica – scrivono i giudici. – Il conto corrente era in sofferenza di 1.150 euro, l’affitto di casa del figlio Elio doveva essere pagato, Lisetta, la collaboratrice domestica, non aveva ricevuto ancora lo stipendio“.
A quel punto la Saguto dice alla madre che “dovrebbero arrivare dei soldi a Lorenzo“.
“Non può revocarsi in dubbio, quindi – dicono i giudici – che nelle conversazioni l’allusione al fatto che dovesse arrivare qualcosa conteneva il riferimento al denaro“. E fanno riferimento a un altro dialogo, stavolta con Cappellano, l’8 giugno 2015, nel quale la Saguto “aveva esplicitamente richiesto a Cappellano di capitalizzare“.
Secondo i giudici i soldi, nelle conversazioni, erano indicati come “documenti“.
E in un’altra conversazione, del 23 giugno 2015, Cappellano fa visita alla Saguto in Tribunale e le diceva, scrivono i giudici, che “la documentazione era pronta”, ma che “doveva solo andarla a ritirare” e le proponeva di consegnargliela sabato”.
Ma Saguto doveva recarsi a Siracusa e quindi “i due restavano d’accordo che Cappellano avrebbe consegnato ‘i documenti’ a suo marito” Lorenzo Caramma.
“Il 30 giugno 2015 Cappellano andava effettivamente a casa della Saguto – scrivono i giudici – come risulta dall’attività di indagine espletata”.
E l’indagine bancaria “ha consentito di accertare che sul conto corrente della Saguto e del marito venivano effettuati tra versamenti in contanti l’1, il 2 e il 7 luglio, rispettivamente di tremila, duemila e tremila euro, ossia per un importo totale di 8.000 euro“, si legge nelle motivazioni.
Dopo quel 30 giugno “Saguto non contattava più in maniera insistente Cappellano per chiedergli di incontrarsi e avere la ‘documentazione'”, come scrivono ancora i giudici nisseni. Ecco, la prova, secondo i togati della consegna dei 20 mila euro.