M5S, scontro finale su Rousseau: scade l’ultimatum di Casaleggio ai grillini morosi

22 Apr 2021 20:16 - di Federica Argento
M5S Casaleggio Rousseau

Non c’è solo lo tsunami Grillo a terremotare il M5s. Nel giorno in cui scade l’ultimatum di Rousseau al Movimento 5 Stelle, il sentimento prevalente tra i grillini è ansia, malumore, incertezza del futuro politico. E’ caos totale. I rumors sono sempre più insistenti.  Domani, venerdì 23 aprile  l’Associazione di Davide Casaleggio, che fino a oggi ha gestito la piattaforma, dirà se intende recidere definitivamente il “cordone ombelicale  con il Movimento. Come molti eletti auspicano in queste ore.

M5S, scade l’ultimatum di Casaleggio su Rousseau

“Qualora i rapporti pendenti non verranno definiti entro questa data ( oggi 22 aprile, ndr), saremo costretti a immaginare per Rousseau un percorso diverso; lontano da chi non rispetta gli accordi e vicino, invece, a chi vuole creare un impatto positivo sul mondo”. E’ quanto l’Associazione scriveva in un post datato 8 aprile. Ma da allora, in attesa delle comunicazioni di Casaleggio, tra Camera e Senato si susseguono indiscrezioni anche su una possibile deroga alla regola dei due mandati, blindata dal garante Beppe Grillo.

Retroscena: Crimi incontra la “vecchia guardia” del M5S

Ad alimentarle, a quanto apprende l’Adnkronos, alcuni incontri che il capo politico reggente, Vito Crimi, sta avendo in questi giorni con i parlamentari della ‘vecchia guardia’. Alcuni degli eletti che lo hanno incontrato sostengono che Crimi avrebbe dato rassicurazioni: nel nuovo statuto ci sarà una sorta di deroga al limite del secondo mandato. Legata ad alcune caratteristiche che i parlamentari ‘meritevoli’ dovrebbero avere. Se così fosse, il capo politico in pectore Giuseppe Conte ne sarebbe sicuramente a conoscenza. Ma dall’entourage dell’ex premier smentiscono seccamente: “non bisogna rincorrere tutte le voci”, rispondono al riguardo.

M5S al “redde rationem” con Casaleggio

E anche i ‘big‘  – stando ai rumors – smentiscono di avere ricevuto telefonate che andrebbero in questa direzione. Forse, si ragiona in ambienti parlamentari, si tratta di voci montate ad arte per motivare i parlamentari; ormai sfiduciati e dubbiosi sull’opportunità di versare un contributo – 2.500 euro al mese – ancor più sostanzioso rispetto al passato. Oltre a evitare nuovi addii. In molti, infatti, sono convinti che il nuovo statuto produrrà  un’emorragia di eletti: “una non adesione al nuovo corso più che un abbandono”, assicura un deputato. Che sembra già aver maturato la sua scelta sulla strada da intraprendere.

L’ipotesi terzo mandato scatena le ire di molti eletti

Le voci su eventuali aperture circa il terzo mandato, ad ogni modo, scatenano l’ira di molti eletti alla prima legislatura: le indiscrezioni, sostengono fonti parlamentari, “mirano esclusivamente a ridurre la fiducia nel progetto di Conte”. “E’ chiaro a tutti che un eventuale cedimento alle condizioni di taluni incrinerebbe non solo i rapporti con la base. Ma anche con tutti gli eletti che ad oggi quelle regole le hanno accettate e rispettate; tornando giustamente a svolgere la propria attività lavorativa. Capiamo – insistono le stesse fonti – che forse alcune voci corrono sulla base di necessità di contributi economici al nuovo progetto. Ma siamo sicuri che Conte non negozi i doverosi valori di ricambio generazionale e fiducia nei giovani. Da professore e da futuro capo politico li saprà sicuramente interpretare al meglio”.

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