Età, stato di salute e misure alternative: il braccio di ferro per riportare in Italia gli ex terroristi rossi
Sul tavolo del procuratore generale di Milano, Francesca Nanni ci sono i corposi fascicoli che riguardano gli ex-terroristi rossi, esponenti di spicco degli anni di piombo, finiti in carcere in Francia – dove vivevano sicuri di non essere riportati in Italia – ad oltre 40 anni di distanza dai fatti di sangue compiuti, ma su cui la giustizia italiana non ha mai mollato la presa ‘rinnovando’ l, assicura la magistratura, “mandati di arresto europeo abbastanza recenti”, svela la Nanni.
Dopo gli arresti ci saranno i “passaggi formali in accordo con i francesi”. Iter che potrebbe richiedere un po’ di tempo, prima dell’effettivo trasferimento nelle carceri italiane “di alta sicurezza“. Una misura prevista in caso di determinati reati.
Alle difese resta la possibilità di ricorrere a “incidenti di esecuzione“. E chiedere misure alternative al carcere, vista anche l’età degli arrestati.
Inizia un complicato braccio di ferro
Di certo ora inizia un complicato e cavilloso braccio di ferro fra i legali degli ex-terroristi rossi arrestati e lo Stato italiano. E non sarà certo domani che gli ex-terroristi entreranno in un carcere italiano.
“Non è il tempo di valutazioni, mi concentro sulla normativa attuale e su come le pene vengono eseguite“, dice il Pg di Milano Francesca Nanni . Che interviene così sugli arresti in Francia dei sette ex-terroristi rossi, tra cui Sergio Tornaghi condannato all’ergastolo e su cui pende un ordine di esecuzione della procura generale di Milano e Giorgio Pietrostefani. Che deve scontare una pena a 14 anni e dove “siamo lontani dalla prescrizione“, assicura il Pg.
Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti e Roberta Cappelli sono invece stati arrestati in Francia in “accoglimento delle richieste di estradizione a suo tempo inoltrate, in relazione agli ordini di esecuzione a suo tempo emessi” dalla Procura Generale di Roma, fanno sapere fonti dell’ufficio giudiziario capitolino, “per le condanne da loro riportate per fatti di terrorismo”.
Sulla vicenda pesa un’altra incognita
Sull’esito della vicenda pesa, tuttavia, anche un’altra incognita. Che riguarda lo stato di salute degli ex-terroristi rossi.
“Da quando ho ricevuto la notizia del suo arresto sono combattuto fra due sentimenti opposti, quasi cinici: la paura che muoia nelle unghie distratte di questa fiera autorità bicipite transalpina e cisalpina, e un agitato desiderio che torni in Italia. Un desiderio da vecchio amico, e anche lui è vecchio, forse ce l’ha anche lui un desiderio simile”, scrive Adriano Sofri in un intervento sul Foglio, parlando dell’arresto di Giorgio Pietrostefani in Francia e della sua salute precaria.
“La sua condizione sanitaria è cronicamente arrischiata, e il suo avvocato provvederà, o avrà già provveduto, a documentarla al giudice. Pietro vive di lunghi ricoveri regolari e di improvvisi ricoveri d’urgenza, oltre che di quotidiani farmaci vitali. Ha in programma di qui a poco un ennesimo intervento di riparazione nel suo ospedale parigino“, aggiunge ancora Sofri perorando la causa di Pietrostefani.
Dall’Eliseo “nessun commento” sul fatto che lo stato di salute degli ex-terroristi italiani possa essere un impedimento o meno all’estradizione in Italia degli arrestati di oggi.
Secondo Éric Turcon, l’avvocato francese di Cesare Battisti, “condannato” in contumacia “senza aver mai visto un giudice” (su scelta dello stesso Battisti che è fuggito e si è reso latitante) qualora “la stessa procedura” fosse “stata applicata ad altri di questi ex-terroristi italiani arrestati oggi sarebbe necessario procedere a un nuovo processo, come prevede il diritto francese, altrimenti non è democratico”.
Il cammino che dovrebbe portare i sette ex-terroristi rossi nelle carceri italiane è, insomma, tutt’altro che agevole. E lastricato di ostacoli.