Terapie intensive, Roma sta per scoppiare: si attende il picco dei ricoveri e i letti diminuiscono

29 Mar 2021 10:57 - di Redazione
terapie intensive

A preoccupare ora sono le terapie intensive, sotto stress in tutta Italia. Dodici regioni e una provincia autonoma (Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Trento) con più del 30 per cento delle rianimazioni occupato da pazienti Covid. Siamo al limite. Sono i numeri diffusi dal messaggero. Che informa come si sia “superata la soglia di allerta individuata dal ministero della Salute oltre la quale il sistema sanitario va in crisi. Sono Roma e il Lazio ad avere raggiunto il livello di guardia.

Terapie intensive al limite a Roma e nel Lazio

Preoccupa la situazione di Roma e del Lazio.  370 dei 450 letti previsti nella rete ospedaliera regionale sono già occupati. Lo certifica un’inchiesta del Messaggero. Il primo aumento allarmante  la scorsa settimana, tra domenica e lunedì. Quando le ambulanze sono rimaste bloccate nei piazzali dal Sant’ Eugenio, al Sant’ Andrea, all’ospedale dei Castelli, al policlinico Tor Vergata e al San Giovanni. Un blocco solo di un paio d’ore ma che aveva fatto scattare comunque diversi campanelli d’allarme.

Terapie intensive, la situazione degli ospedali romani

La “mappa” è preoccupante. Al San Camillo Forlanini, sui 10 posti a disposizione della terapia intensiva Covid, solo uno era ancora libero, informa il quotidiano romano. All’Aurelia Hospital invece, erano già occupati i 16 previsti. Ancora: al San Giovanni Addolorata nel reparto Covid di pneumologia “sulle 22 postazioni, 21 erano occupate dai pazienti. Con le procedure per i ricoveri che stanno rallentando: dalla registrazione al pronto soccorso a un posto in reparto, l’attesa arriva fino a 24 ore. Così le sale per le emergenze si stanno trasformando in camere d’ospedale”. Una situazione verificatasi già durante la seconda ondata della pandemia: «La differenza oggi – spiega il dottor Ricciuto al Messaggero – è che siamo più preparati e che per i ricoveri ordinari abbiamo più margini. Aspettavamo questo picco non appena abbiamo visto i numeri salire dalla seconda metà di marzo. L’obiettivo al momento è stabilizzare quanto prima la situazione».

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