“Storia Rivista” riscopre Giovanni Volpe. Amorese: “Su di lui un oblio incomprensibile”

22 Mar 2021 19:45 - di Redazione
Storia rivista giovanni volpe

E’ appena uscito il nuovo numero di Storia Rivista, il bimestrale “storicamente scorretto” di Eclettica Edizioni, con un focus dedicato alle figure di Giovanni Volpe e Berto Ricci, dal titolo “La cultura dell’appartenenza”. Quella di Volpe, figlio del grande storico Gioacchino, è una riscoperta importante che contribuisce finalmente a togliere l’ “ingegnere editore” da un oblio lungo quanto incomprensibile. Articoli di Marcello Veneziani, Gennaro Malgieri, Carlo Sburlati, Mario Bernardi Guardi e del direttore ed editore Alessandro Amorese approfondiscono l’immensa attività editoriale e culturale che Volpe portò avanti senza sosta fino alla morte, avvenuta nell’aprile 1984, quando si accasciò dopo un suo intervento al termine di uno dei tanti “Incontri Romani” da lui organizzati.

La storia dell’ingegnere che si fece editore

Storia Rivista riprende un’intervista che Giovanni Volpe rilascia nel febbraio ’72 a Lo Specchio, dieci anni dopo quella svolta che coincise con l’avvento delle prime formule di centrosinistra al governo (non solo nazionale), nella quale spiega quali siano state le molle che portarono un ingegnere costruttore a diventare a 55 anni imprenditore-editore. “(…)La reazione rabbiosa di un uomo, a destra fin dall’età lieve, di fronte al perdurante silenzio della cultura di destra (ed i motivi non sono tutti estranei ad essa), e la speranza che una iniziativa editoriale di destra, pur a carattere artigianale e assunta da un uomo che essendo di destra non ha spiccato lo spirito commerciale, potesse non certo colmare la grave lacuna, ma incominciare l’opera e l’incoraggiamento magari più consistenti analoghe iniziative”.

Il manifesto di Volpe per la cultura di destra

In poco più di vent’anni di attività la casa editrice omonima sfornerà circa trecento titoli ed alcune riviste, insieme ad una costanza di incontri, conferenze, dibattiti. La sua è un’attività di operatore culturale interventista, senza grandi fronzoli, con poca cura delle copertine (o meglio con una sobrietà elegante ma allo stesso tempo povera), ma con una libertà di produzione che deve essere di insegnamento a chi vuole fare editoria. Volpe capì subito quali caratteristiche avrebbe dovuto avere la cosiddetta cultura “di destra”.

“(…) Deve certamente rispettare – scriveva Volpe – l’individualità di chi si schiera con essa, perché non vuole essere l’apparato culturale di determinate forze politiche che già hanno il loro vangelo, ma il punto di incontro e di collaborazione, sulla base di alcuni valori fermi da tutti accettati, di uomini di varia origine, di vario orientamento e temperamento, solidali nella ricerca di un sistema che, prima o poi, dovrà sostituire quello attuale ed armonizzare, fin dove possibile, ordine (conservazione) e giustizia sociale (rivoluzione), anziché realizzare questo binomio ‘disordine più ingiustizia’ che caratterizza l’Italia. Compito quindi creativo più che conservatore, volontà di trarre da tutti i passati quel che essi possono dare di contributo al tracciamento delle linee architettoniche essenziali del nuovo edificio”.

La forza di una personalità poliedrica

“Quanta attualità in queste parole di quasi cinquant’anni fa. La necessità – sottolinea Amorese – di una destra italiana come unicum, che quindi non può essere solo conservatrice, destino limitante per una concezione del mondo che si porta dietro millenni di storie, esperienze, idee e valori, ma anche esempi e fatti veri. Inoltre la constatazione dell’esistenza di un’area diffusa che è coro polifonico, nei linguaggi e nelle sfaccettature. Soprattutto all’Ingegnere, così in molti lo chiamavano- prosegue il direttore di Storia Rivista – si deve il risveglio di una cultura anticonformista negli Anni ’60 con gli sviluppi nei successivi due decenni.

“Si può tranquillamente affermare che l’alternativa al fronte del primo centrosinistra ed alla egemonia nei gangli vitali della cultura e dell’istruzione, quasi una dittatura, della sinistra radicale – aggiunge Amorese – partì con le uscite editoriali curate da Volpe e dai primi eventi conseguenti. Eppure, se togliamo la non secondaria tradizione famigliare, parliamo di un affermato professionista, visto che come ingegnere, dopo essere stato impegnato in grandi opere idroelettriche e di bonifica, applicò a inizi anni ’70 moderne soluzioni tecniche per l’archeologia, con una grande e favorevole eco anche extra confini nazionali, nel riportare alla luce l’antica Sibari. E poi l’agricoltura, che ha visto Giovanni Volpe impegnato nelle proprie terre sulle colline sopra Cesena. Un legame stretto tra Terra, Identità, Cultura”.

Non solo Giovanni Volpe sul decimo numero di “Storia Rivista”

Storia Rivista tornerà a parlarne anche con convegni e pubblicazioni a lui dedicate. Ma Storia Rivista è anche altro. Decimo numero e conseguente decima puntata della storia a puntate del Movimento Sociale Italiano curata da Adalberto Baldoni, che con Amorese dirige il bimestrale: il principale ricercatore e giornalista della storia della destra italiana dedica questa parte agli anni più duri che il Msi attraversa nella seconda fase della sua esistenza e cioè gli Anni di Piombo, con la dura repressione e i caduti (ben sette tra il 1974 ed il 1977), incrociati con la dolorosa e traumatica scissione del 1976, che porta alla nascita di Democrazia Nazionale.

E poi tanto altro, a cominciare dalle rubriche curate da Michele Tosca e Giacinto Reale, fino a sfiziose curiosità come la storia di Arrigo Rigoli, il missino allievo di Ardengo Soffici, o la cosiddetta ‘Marcia dei Parà’ avvenuta a Pisa quarant’anni fa contro le aggressioni comuniste.

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