Smart working un anno dopo: è peggiorato lo stato psico-fisico dei lavoratori
Chi sono e come si sentono oggi gli “smart worker”? In prevalenza giovani, vivono nelle grandi città e appartengono a una classe sociale medio alta. Rispetto ai “colleghi d’ufficio” temono maggiormente di peggiorare lo stato della propria forma fisica, come ingrassare e intristire. E cercano di compensare questa paura svolgendo una più intensa attività sportiva. Leggono di più libri, fanno meditazione ma tendono a mangiare di più quando sono infelici o di cattivo umore. È l’identikit dello “smart worker” secondo l’Osservatorio Ariix sul benessere degli italiani. A commissionarlo un’azienda americana specializzata in prodotti naturali per la cura della persona ad AstraRicerche. A un anno dalla sperimentazione delle nuove modalità di lavoro in era covid il bilancio non è positivo.
Smart working tra salute fisica e psichica
Un esercito di lavoratori che da febbraio 2020 è cresciuto esponenzialmente, tanto da coinvolgere oltre la metà degli italiani (53%) da 18 a 70 anni, anche se con livelli differenti: se il 14% ha sperimentato questa modalità di lavoro raramente, ben il 40% ha trasformato la propria abitazione in ufficio. Eppure, dietro al lavoro agile si nascondono anche molte ombre: lavorare da casa per lunghi periodi, infatti, non sembra avere portato grandi benefici, anzi, a livello generale ha contribuito al peggioramento del proprio aspetto e della propria forma; sia fisica sia mentale (e a subirne le maggiori conseguenze sono le donne). E anche il tanto agognato work-life balance per molti non è affatto migliorato (non di rado è peggiorato).
Smart working, ripercussioni negative
Ma come si sentono oggi gli “smart worker”? Considerando diversi fattori come peso, tono muscolare e forza fisica, complessivamente quasi la metà degli intervistati (48%) non si sente completamente in forma o al massimo così così; un dato confermato anche dall’indice di massa corporea che vede ben il 41% delle persone in uno stato di sovrappeso o addirittura obesità. Partiamo dal livello di tonicità fisica, considerato in assoluto il fattore più critico: il 53% di chi fa lavoro agile dichiara infatti un peggioramento del proprio tono, e a lamentarsi in particolar modo sono proprio le donne (59%). Ma la metà degli “home-worker”, secondo l’Osservatorio Ariix, ha avuto ripercussioni anche sullo stato di benessere mentale, con le donne che ancora una volta sono più sensibili a questo aspetto (57%).
Effetto isolamento
L’abitudine a non recarsi più in ufficio per via dello smart working porta necessariamente a non vedere più i colleghi e ad avere meno rapporti con l’esterno: è l’ effetto “isolamento”. Il che che ha portato le persone a trascurare sia il proprio aspetto fisico, peggiorato per il 45% del campione, sia l’abbigliamento, per il 44%. Più contenuto, ma pur sempre significativo, l’impatto sullo stato dei capelli e della pelle, critico rispettivamente per il 37% e il 33% dei rispondenti. Insomma, è venuta meno l’abitudine a prendersi cura di se stessi e del proprio aspetto.
Ripercussioni in ambito familiare
Un capitolo della ricerca riguarda l’equilibrio lavoro e famiglia, considerato da sempre uno dei pilastri dello smart working. Eppure, il tema del work-life balance sembra non trovare tutti d’accordo. La situazione è infatti migliorata solo per il 26% degli intervistati. Mentre per il 36% è rimasta stabile e per ben il 39% è addirittura peggiorata. I più critici? A sorpresa sono sempre le donne (44%).