Mar 16 2021

Antonella Ambrosioni @ 19:51

Pensioni, si rischia il blocco: 6 modi per avere l’assegno prima dei 67 anni. E il governo tentenna

Pensioni. Il governo non ha ancora deciso nulla per il dopo Quota 100 che, come sappiamo avrà come ultima chiamata il  31 dicembre 2020. Chi vuole andare in pensione anticipatamente ossia prima dei 67 anni, allo stato attuale delle cose ha sei possibilità. Si sono mossi i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil e hanno messo sul tavolo del ministro del Lavoro, Antonio Orlando, un dossier contenente 6 modi per andare in pensione anticipata prima dei 67 anni.  Li riassume il sito Lalegge pertutti. it.

Pensioni: età flessibile

Proposta numero 1 dei sindacati al Governo: andare in pensione anticipata prima dei 67 anni grazie all’età flessibile. In pratica, i confederali ipotizzano di recuperare la parte della legge Dini che riguarda chi ha tutta la pensione con regime contributivo: vale a dire chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996; ed allargarla a chi oggi si trova nel regime misto, cioè chi si ritrova nel sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 ed in quello contributivo da quella data in poi. Quella legge, infatti, permette di andare in pensione a 64 anni purché sia stato maturato un importo di almeno 2,8 volte l’assegno sociale: quindi una pensione di poco inferiore a 1.300 euro al mese. I sindacati, come riporta laleggepertutti, chiedono di abbassare l’età a 62 anni e che si lasci il calcolo misto con una soglia di accesso ridotta tra 1,2 e 1,5 volte l’assegno sociale.

Attività gravose

I sindacati chiedono di ampliare la platea dei beneficiari della pensione anticipata per chi svolge attività gravose. Chiedono  l’inserimento di «lavori manuali o simili prevedendo o l’uscita anticipata o che il coefficiente di trasformazione sia premiante: così da compensare chi va in pensione prima o dare un assegno più alto a chi invece sceglie di restare».  Attualmente l’Ape sociale consente di andare in pensione anticipata a 63 anni se si appartiene ad una quindicina di categorie con un requisito minimo contributivo di 36 anni (30 per alcuni settori).

Donne lavoratrici e mamme

La terza proposta riguarda le donne: l’idea sarebbe quella di rivalutare il ruolo delle mamme lavoratrici e di quelle che si occupano della cura di disabili o anziani. L’ipotesi prevede di allargare il sistema inserito dalla legge Dini per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996: per ogni figlio fino ad un massimo di tre un abbuono contributivo di 4 mesi. Quindi, chi ha tre figli può smettere di lavorare 12 mesi prima, con un anno di anticipo. Per quanto riguarda l’assistenza e la cura ad anziani o disabili, i sindacati chiedono 1 anno di abbuono ogni 5 di assistenza.

Giovani e lavoratori precari

Sui giovani e sui lavoratori precari c’è poco da scegliere: chi, per forza di cose, rientra solo nel sistema contributivo perde l’integrazione al minimo della pensione, garantita dal sistema retributivo. In questo modo, dunque, la pensione rischia di essere davvero bassa. Pertanto i sindacati chiedono un sistema che garantisca di colmare i vuoti contributivi ed i periodi di part-time.

La rivalutazione dell’assegno

C’è poi la richiesta di una vecchia battaglia che ha come obiettivo preservare il potere di acquisto delle pensioni. Nella pratica si chiede di «rafforzare la platea e l’importo della quattordicesima, aumentandola da mille a 1.500 euro; e di estendere ai pensionati le detrazioni (bonus fino 100 euro) previste per i lavoratori dipendenti col taglio del cuneo fiscale».

I Fondi pensione

La proposta è quella di creare un nuovo semestre di silenzio-assenso sui Fondi pensione per incentivare le adesioni; da sempre sottotono nel nostro Paese, si legge sul sito. Significa che, una volta trascorsi sei mesi dal termine fissato dalla legge, il lavoratore viene automaticamente iscritto al Fondo. Sempreché il dipendente non abbia espresso in modo esplicito il suo rifiuto.

In generale, sulla pensione di anzianità la proposta è di abbassare il requisito contributivo a 41 anni: oggi, invece, la richiesta è di  42 anni e 10 mesi agli uomini e 41 anni e 10 mesi alle donne. Tra tante ipotesi si spera che qualcosa di buono possa andare in porto. Accanto a queste soluzioni, vale sempre la richiesta i chiede di mettere in campo nuovi incentivi  per i lavoratori precari e per le piccole aziende.