Mozambico, la denuncia di una Ong: decapitati bambini di 11 anni. Il racconto delle madri

16 Mar 2021 13:11 - di Redazione

Alcuni bambini, anche di soli 11 anni, sono stati decapitati in Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, secondo la denuncia di Save the Children, l’Ong che si occupa di bambini in difficoltà.

La circostanza della decapitazione di bambini in Mozambico basa, secondo Save the Children, sulle testimonianze di alcune delle migliaia di famiglie di sfollati, che avrebbero parlato di scene orribili di omicidi, dolore e perdita di persone care.

Tra queste c’è, secondo Save the Children, Elsa, una madre di 28 anni, che avrebbe raccontato la decapitazione del figlio maggiore, Filipe, 12 anni, avvenuta vicino a dove si era nascosta con gli altri tre figli.

Ecco il racconto che Elsa avrebbe fatto ai volontari di Save the children: “Quella notte il nostro villaggio è stato attaccato e le case sono state bruciate. Quando tutto è iniziato, ero a casa con i miei quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nel bosco, ma hanno preso mio figlio maggiore e lo hanno decapitato. Non abbiamo potuto fare nulla perché saremmo stati uccisi anche noi “.

A causa del conflitto in Mozambico, sostiene Save the children, ci sono circa 670.000 sfollati interni a Cabo Delgado, Niassa e Nampula, quasi sette volte il numero riportato un anno fa.

Almeno 2.614 persone sono morte nel conflitto dal 2017, compresi 1.312 civili. La situazione si è gravemente deteriorata negli ultimi 12 mesi, con l’escalation degli attacchi ai villaggi.

Cabo Delgado, peraltro, sta ancora subendo gli effetti di shock climatici consecutivi, come il passaggio del ciclone Kenneth nel 2019, il più forte che abbia colpito la parte settentrionale del Mozambico, e le massicce inondazioni dell’inizio del 2020.

Save the Children cita anche un altro caso, quello di Amelia, 29 anni, che ha cercato rifugio nella casa del fratello con i suoi tre figli. Il quarto aveva 11 anni quando è stato assassinato da uomini armati.

“Dopo che il mio bambino di 11 anni è stato ucciso – avrebbe raccontato Amelia agli operatori di Save the children – abbiamo capito che non era più sicuro restare al villaggio. Siamo fuggiti a casa di mio padre in un altro villaggio, ma, pochi giorni dopo, sono iniziati anche lì gli attacchi. Io, mio padre e i bambini abbiamo trascorso cinque giorni mangiando banane verdi e bevendo acqua dall’albero di banane fino a quando non abbiamo ottenuto il passaggio che ci ha portato qui”.

Quasi un milione di persone, compresi gli sfollati e le comunità ospitanti, soffrono la fame come conseguenza diretta di questo conflitto – ha detto Chance Briggs, Direttore di Save the Children in Mozambico. – È fondamentale che tutte le parti in conflitto garantiscano che i bambini non siano mai bersagli. Si deve rispettare il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto internazionale umanitario e intraprendere tutte le azioni necessarie per ridurre al minimo i danni accidentali ai civili, inclusa la fine di attacchi indiscriminati e sproporzionati contro i bambini“.

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