Letta corre ad accaparrarsi Draghi. Ma solo per marcare la distanza dal M5S: sinistra già divisa
La strambata l’ha data. Ma che serva a Enrico Letta a rimettersi in favore di vento è tutto da vedere. Dire come ha detto che «il governo Draghi è il nostro governo» laddove Zingaretti ancora ostentava il lutto per la dipartita di quello guidato da Conte, non è poco. Ma ora? L’interrogativo è pertinente considerando che le gramaglie indossate del predecessore non indicavano tanto l’esecutivo quanto il suo premier, già pronto a far da cerniera per saldare l’alleanza Pd-M5S. Con Letta al vertice del Pd l’impresa appare più difficile. Persino proibitiva ora che Conte assumerà la guida dei 5stelle.
Letta e l’incognita alleanze
Nello schema di Zingaretti, Giuseppi aveva un senso perché, della cerniera, lui era la linguetta, l’elemento centrale capace di unire due forze alleate nello stesso governo e con di fronte lo stesso avversario: il centrodestra. Con Draghi a Palazzo Chigi, lo schema è salato. Anzi, è prevedibile che Letta e Conte comincino presto a beccarsi come due galli nel pollaio. Entrambi puntano infatti a rappresentare la sinistra tinteggiata di europeismo, ambientalismo e progressismo. Non per niente, la parola d’ordine risuonata al Nazareno è “allargare il campo”. Facile a dirsi. Innanzitutto perché di mezzo c’è la legge elettorale e poi perché il centrosinistra attuale è una coperta troppo corta.
Il nodo della legge elettorale
Letta ha strambato sulla prima e taciuto sulla seconda. Ha infatti ripescato il Mattarellum al posto del proporzionale imposto dai 5Stelle e accettato da Zingaretti mentre ha semplicemente ignorato le tante, troppe incompatibilità che ingombrano la sua coalizione. Quasi tutte convergenti verso Matteo Renzi, ma non solo. Carlo Calenda, ad esempio, preferirebbe amputarsi la mano piuttosto che firmare un accordo con i grillini. E così Emma Bonino. Erano all’opposizione del Conte premier; non si alleerebbero ora con il Conte leader. Insomma, il sostegno a Draghi non è senza costi neanche per Letta. Il suo governo sarà pure in continuità con il precedente su tante scelte, ma politicamente parlando è un terremoto. E tutto lascia pensare che sarà la sinistra a finire sotto le macerie.