I lavabi del tribunale di Roma impacchettati con i sacchi della spazzatura. Altro che guerra al Covid
Lavabi impacchettati con i sacchi di plastica neri. Non si trovano in un’aria dismessa e abbandonata ma nei bagni del tribunale di Roma. A scattare la foto è stato l’avvocato Stefano Rubeo che l’ha corredata con una ironica didascalia: «Bagni del Tribunale penale di Roma 10/3/21 ritorno al futuro…». L’avvocato Rubeo, penalista e membro del direttivo dell’Associazione difensori d’ufficio di Roma fa rilevare come nonostante le disposizioni anti-Covid la situazione dei bagni del Tribunale sia la stessa dello scorso anno. «Hanno solo incartato i lavabi! E nel bagno non è presente nessun flacone di liquido antisettico». In sostanza, chi va in bagno non può neanche lavarsi le mani.
Tribunale di Roma, il personale è in smartworking
Il legale osserva altresì che il « tribunale è abbandonato a se stesso. Il personale, in smartworking da ottobre, lavora di fatto solo due giorni a settimana a causa della mancanza di collegamenti da remoto e per la mancata informatizzazione. Inoltre, non sono stati sostituiti diversi giudici trasferiti e il tribunale è governato da un presidente facente funzioni a causa del pensionamento del presidente. Pensionamento che risale a maggio 2020».
Scoppia la guerra dei vaccini
Una situazione drammatica. «L’assenza del presidente in carica – continua Rubeo – è certamente dovuta anche al disinteresse del ministero della Giustizia. Dopo l’esperienza fallimentare di Buonafede, del nuovo non si hanno ancora notizie. E, intanto, è scoppiata la guerra dei vaccini. Hanno la priorità i magistrati e il personale. Nessuno ha pensato agli avvocati».
Vaccini, la lettera degli avvocati a Cartabia
E proprio su quest’ultimo punto il Consiglio nazionale forense ha scritto una lettera al ministro Marta Cartabia. La vaccinazione degli avvocati «non è una questione di privilegio rispetto alla categoria ma solo ed esclusivamente di riguardo alla funzione». Si legge nella lettera scritta dal presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense Maria Masi. Che chiede “parità di trattamento” tra tutti gli operatori del comparto giustizia.