Draghi alle Regioni: «Lavoriamo alle riaperture». Ma il prossimo decreto lascia ancora tutto chiuso
Di Recovery non si è parlato. Per quello il governo e le Regioni si sono dati appuntamento a un prossimo vertice il 6 aprile. Durante l’incontro di oggi, al quale ha preso parte anche il premier Mario Draghi, l’attenzione si è concentrata invece sulle riaperture, sui criteri per stabilirle, sulla necessità di accelerare davvero la campagna vaccinale. Sulla possibilità, insomma, che davvero come ha chiesto Draghi, si possa «cominciare ad avere di nuovo il ‘gusto del futuro’». «Occorre uscire da questa situazione di inattività. Sono certo che, tutti insieme, raggiungeremo qualunque obiettivo. Questa è la mia certezza, non è una speranza né un pronostico», ha sottolineato Draghi davanti ai presidenti delle Regioni. Il problema, però, resta il come, su cui i governatori hanno avanzato delle precise richieste.
Draghi parla di «sincero rapporto di collaborazione»
Alla riunione hanno partecipato, oltre a Draghi e ai governatori delle Regioni, anche il ministro per gli Affari regionali, Maria Stella Gelmini, il ministro della Salute, Roberto Speranza, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e il commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. Nel suo intervento introduttivo Draghi ha ribadito che solo con un «sincero rapporto di collaborazione tra Stato Regioni si riuscirà a vincere questa battaglia».
La promessa dei vaccini
Il premier, dunque, ha rimarcato anche il comune impegno ad assicurare non solo la sicurezza e la salute, ma anche la ripresa dell’attività economica. Al centro della ripartenza restano i vaccini. Draghi ha ribadito che per aprile e maggio si punta al mezzo milione di vaccinati al giorno e che, da qui ai prossimi mesi, le forniture di siero dovrebbero essere tali da consentire di raggiungere l’immunità in tutta Europa a luglio. Quindi, il premier ha assicurato alle Regioni l’intervento dello Stato per sopperire anche alla carenza di personale, perché «questo è l’atteggiamento del governo: aiutarvi a raggiungere gli obiettivi che sono di tutti noi». Dunque, nuovamente l’invito ad andare avanti tutti insieme, mettendo da parte le polemiche. Epperò, quelle poste dai territori sono soprattutto questioni concrete, legate al come affrontare le sfide sottolineate dallo stesso Draghi.
Le richieste dei governatori
Fra le richieste dei governatori, per esempio, c’è quella di rivedere i criteri per stabilire i fattori di rischio e il colore che ne deriva. Prima fra tutte la soglia dei 250 casi su 100mila abitanti, che «penalizza le regioni che fanno più tamponi». I governatori chiedono poi di reintrodurre le 4 zone – dalla bianca alla rossa – sulla base del numero dei contagi e della diffusione del virus. Altra richiesta pressante è quella di assicurare davvero e concretamente un maggior numero di vaccini. È stato il governatore del Veneto, Luca Zaia, in particolare a chiedere chiarezza in questo senso, sollecitando anche una verifica delle disponibilità sul mercato.
Le Regioni chiedono «riaperture ragionevoli»
Ma è sul fronte delle riaperture che si rischia davvero il braccio di ferro. Il governo, infatti, finora, ha agito in continuità con il governo precedente, adottando una linea fortemente “chiusurista”. Nell’assise delle Regioni, invece, su iniziativa in particolare del centrodestra, si spinge per andare verso delle «riaperture ragionevoli», prevedendone i meccanismi anche nel prossimo decreto, che – secondo fonti del governo – dovrebbe essere sul tavolo del Consiglio dei ministri convocato per mercoledì.
Il decreto Covid tiene ancora tutto chiuso
A quanto trapelato, però, il governo non sembra affatto intenzionato ad andare nella direzione indicata dai governatori di centrodestra e in particolare di quella Lega che pure siede a Palazzo Chigi. Sembra confermato infatti che l’unica riapertura prevista dal nuovo decreto sarà quella delle scuole fino alla prima media anche in zona rossa. Per il resto, invece, si va verso la conferma di tutte le chiusure precedenti: dai parrucchieri ai ristoranti.