Chiusi in casa come un anno fa. Gli esperti: «Il lockdown non serve a nulla». E spiegano il perché

15 Mar 2021 9:31 - di Mia Fenice
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Ci richiudono, esattamente come un anno fa. Eppure sono in tanti ad affermare che il lockdown  non serve a nulla.  Anche uno studioso come Matteo Villa dell’Ispi avanza perplessità, scrive La Verità. «Devo ammettere che non sono convinto della necessità nella forza di queste misure contro il Covid», ha scritto su Twitter lo studioso. «Per ciò che vedo, le curve dei ricoveri in terapia intensiva e dei nuovi ricoveri stanno già rallentando, e quella che penso sia la più importante (nuovi ricoveri) sta persino piegando». Sempre Villa, in un altro tweet osserva che le misure «sono le più forti da Natale. Nettamente più forti rispetto a quelle adottate a novembre, quando i decessi al giorno erano 740».

Lockdown, il parere di La Vecchia e Gerli

Le perplessità sul lockdown avanzano. Ieri sul Corriere della Sera  Carlo La Vecchia epidemiologo e docente di Statistica medica all’università «Statale» di Milano e l’ingegnere Alberto Gerli, hanno spiegato che chiudere adesso non serve. «Ormai sappiamo – ha detto Gerli – che le curve dell’epidemia durano 40 giorni, e che se si vuole contenere la crescita bisogna farlo nei primi 17 giorni. Altrimenti, le “curve” seguiranno il loro corso “naturale”». Il professor La Vecchia, dal canto suo, ha osservato: «I dati mostrano segnali di livellamento. Che la velocità di crescita sia in decremento è ormai un fatto assodato».

«L’epidemia inizierà a sgonfiarsi da sola»

Il Corriere ha sintetizzato il pensiero dei due studiosi. «Dunque nei prossimi giorni, si legge sul Corriere,  i contagi in Italia continueranno ad aumentare, con probabili picchi di 35-40mila casi intorno al 20 marzo: e a limitarli non saranno le “zone rosse”, perché l’epidemia inizierà a “sgonfiarsi” da sola. L’intero ragionamento si fonda su una comprensione della dinamica primaria dell’epidemia, che ormai è patrimonio di conoscenza comune: quel che vediamo oggi (i dati sui nuovi “positivi”) è successo 10-15 giorni fa (il momento del contagio). I contagi che sono avvenuti in Lombardia in queste ultime due settimane in “giallo” e “arancione”, ad esempio, si manifesteranno nei prossimi 10-15 giorni, anche se la Regione sarà in “rosso”. L’efficacia del contenimento è dunque dettata dalla rapidità rispetto ai primi segnali di crescita». Se arriva in seguito, a ondata ormai esplosa, «il contenimento – ha spiegato Gerli – sarà utile solo “per il dopo”, per determinare quanto rapida sarà la “discesa”, non per limitare la crescita».

La Vecchia: «Provvedimenti presi in ritardo»

Il professor La Vecchia, sempre al Corriere ha puntualizzato: «Ancora una volta i provvedimenti vengono presi tardi, quando la crescita dell’epidemia ormai si sta livellando da sola. Si tratta di constatazioni senza polemica, perché gestire un’epidemia è estremamente difficile. Ma sembra che solo quando il numero di casi è molto alto, e molte persone si ritrovano magari con un amico o un parente malato, si possa accettare che la situazione richieda interventi. E poi si ha l’impressione che questi provvedimenti abbiano impatto, mentre invece probabilmente l’andamento è già predefinito».

Lockdown inutile secondo alcuni studi

La Verità cita uno studio di Science il quale, pur partendo da presupposti diversi, giunge alla medesima conclusione: il lockdown è inutile. Ci sono poi i dubbi espressi da Nature (altra rivista di un certo peso), secondo cui nel Comitato tecnico scientifico italiano «mancano troppe competenze».

Paolo Spada: «Hanno seminato terrore…»

Su Libero poi Paolo Spada, chirurgo milanese in servizio presso l’Humanitas ha osservato: «Le istituzioni e i media hanno seminato terrore. Ma picchiare solo sugli aspetti negativi è contrario a tutti i principi base di una terapia medica».  Il professore poi alla domanda: “Non chiuderebbe l’Italia come invece ha deciso il governo?”, ha risposto secco. «L’avrei fatto prima, e non dappertutto. Chiudere tutto è la cosa più semplice; ma è anche la più grossolana». «Per fortuna, i numeri ci dicono che stavolta l’ondata non ha la forza e le dimensioni di quelle di ottobre o del marzo scorso. I contagi continuano a crescere ma abbiamo già superato da diversi giorni il flusso, che è il momento in cui il loro aumento inizia a rallentare. Questo significa che tra qualche giorno raggiungeremo il picco, ci assesteremo e poi torneremo a scendere. E tutto ciò è accaduto prima di entrare in zona rossa».

«Troppa lentezza nella catena di comando»

Perché non si impara dagli errori? «Perché c’è troppa lentezza negli indicatori e nella catena di comando. Se si rimpiccioliscono i territori si riesce anche meglio a sensibilizzare la popolazione e orientarla verso comportamenti virtuosi. Pensi al caso della prima zona rossa di Codogno o a quella di Medicina. I focolai oggi sono tanti, ma la curva del contagio è sempre la somma di piccole curve locali che possono essere seguite a più corto raggio, dobbiamo adeguarci noi alla realtà e non viceversa, perché il virus non fa quel che vogliamo».  E infine: «Il lavoro avrebbe potuto e dovuto essere più raffinato. E poi ammettiamolo, non si può chiudere tutto: ha dei costi economici e sociali insostenibili. Con la nostra pagina Facebook, “Pillole di ottimismo” sono in contatto ogni giorno con migliaia di persone e le assicuro che l’allarme sociale è alto».

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