M5S, ecco chi è Borré, l’avvocato romano che ha fatto finire Crimi e Grillo in un cul de sac

18 Feb 2021 14:32 - di Paolo Lami

Il cul de sac nel quale si sono infilati con infantile disinvoltura i vertici dei Cinque StelleCrimi e Grillo in testa – che stanno preparando l’espulsione dei 15 senatori grillini “rei” di non aver votato la fiducia al premier Mario Draghi, lo ha confezionato, con perfida freddezza l’avvocato romano Lorenzo Borrè, una vecchia conoscenza degli M5S.

Borrè, civilista di spicco, barba sale e pepe a incorniciargli il viso, una passione per il trekking  in montagna e un’intelligenza fuori dal comune, conosce il mondo grillino – che ha bazzicato da quando il Movimento era ancora in fasce – molto meglio di quanto il Movimento conosca davvero sé stesso. Ne conosce ogni  piega, ogni debolezza, ogni umore. Ma, soprattutto, conosce a fondo le fragilità dello Statuto che i vertici grillini misero in piedi troppo frettolosamente salvo poi rimangiarselo altrettanto frettolosamente.

E da quando – mesi addietro – lo studio legale di Borrè nel quartiere altoborghese di Prati, a Roma, è diventato il “santuario” al quale si recano in processione i grillini espulsi che lui assiste, l’avvocato guastafeste è diventato la spina nel fianco dei vertici Cinquestelle ai quali manda il sonno di traverso con le sue puntualizzazioni ogni volta che quelli fanno un passo di troppo senza rifletterci abbastanza. Cosa che accade abbastanza spesso.

Borrè non sbaglia un colpo. È stato il legale che, per primo, ha intentato le cause degli espulsi contro i vertici del M5S, costringendo Beppe Grillo a modificare in fretta e furia  lo Statuto.

Per settimane li ha tenuti inchiodati in trincea mentre quelli cercavano di spostare alla chetichella i soldi da un conto all’altro, trasferendo come se nulla fosse, il fondo cassa – circa 120mila euro – dal “Comitato eventi nazionali”, che organizzò la festa di “Italia 5 Stelle” a Rimini, nel 2017, all’Associazione Rousseau.

Alla fine la Procura di Milano ha aperto un fascicolo. E sta indagando sulla faccenda segnalata da Borrè. Che, ora, prende di nuovo in castagna Crimi e Grillo anche sulla questione spinosa delle espulsioni dei 15 reprobi grillini messi all’indice per non aver votato la fiducia a Draghi.

Espellerli davvero non sarà affatto semplice, avverte Borré. Che spiega quali sono le “mine giuridiche” posizionate sul percorso accidentato che si apprestano a percorrere con fanciullesca disinvoltura Crimi e Grillo.

Crimi? “Non ha il potere di espellere, né dal M5S né dal gruppo del Senato, visto che non ne è presidente”, lo fulmina Borré,

“E’ gravissimo che Crimi abbia scritto e detto una cosa del genere, annunciando l’espulsione di 15 senatori – dice BorréCrimi è infatti membro del comitato di garanzia che vigila sulle violazioni disciplinare, l’organo di ultimo istanza,l. E il fatto che indichi già la sanzione che i probiviri dovranno adottare è davvero inquietante”.

Come se un giudice indicasse la pena prima dell’avvio del processo. In diritto una simile fuga in avanti comporterebbe la ricusazione di chi ha espresso” il parere, anticipando l’espulsione per i 15 senatori ‘ribelli‘.

Ma non è solo questa la questione.

Borré ragiona anche sul via libera espresso ieri dalla base alla nuova governance a 5, che prenderà il posto del capo politico.

“C’è una zona d’ombra – avverte il legale romano. – Si è proceduto con la modifica dello statuto che ha, nei fatti, abolito la figura del capo politico, ma non c’è una norma transitoria ad indicare chi debba farne le veci in questo periodo di interregno”.

”L’articolo 7 citato ieri da Grillo – anticipa Borrè – non è conferente, in quanto riferisce al caso di vacatio di un solo membro del Comitato Direttivo e non dell‘intero Comitato Direttivo. Che è un organo collegiale e non monocratico”, ricorda Borré rifilando un’ultima stoccata diretta a Crimi.

C’è, poi, un altro aspetto regolamentare che Borré sottolinea con la matita blu.

“Secondo quanto prevede l’articolo 21 del regolamento del gruppo M5S del Senato, l’espulsione dei senatori deve essere ratificata da una votazione on line, tranne che questa sia richiesta dal capo politico”, ricostruisce Borré.

Senonché “il Capo politico non c’è più perché non è più previsto dallo statuto in vigore da oggi. Fossi negli interessati – suggerisce Borré – preavviserei la presidente Elisabetta Casellati che eventuali dichiarazioni di espulsione da parte del capogruppo che non siano ratificate dalla votazione on line non potranno comportare l’automatico passaggio al Gruppo misto“.

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