Congo, così Attanasio spiegava il motivo delle violenze tribali: faide per i minerali pregiati

22 Feb 2021 18:41 - di Roberto Frulli

C’è l’interesse per i minerali pregiati, per le pietre preziose, per le cosiddette “terre rare” ma anche per il carbone prodotto da alcune foreste dietro alle violenze tribali che da anni infiammano il Congo, spiegava nel 2019, in un’intervista a Vatican news, l’ambasciatore italiano Luca Attanasio ucciso oggi in un agguato nel nord est del Paese assieme al carabinieri Vittorio Iacovacci e al suo autista.

“Si tratta di violenze tribali e su base interetnica: il principale motivo del contendere tra le popolazioni locali è il controllo di alcune parti del territorio”, spiegava Attanasio, nell’intervista rilanciata allora dal sito della Farnesina, parlando delle violenze nel nordest della Repubblica Democratica del Congo nelle province di Ituri e Nord Kivu, proprio dove oggi è rimasto ucciso mentre accompagnava una missione umanitaria del World Food Program.

Il giovane diplomatico italiano spiegava che “ci sono due tipi di contenziosi tra le popolazioni in loco. C’è un aspetto che risale a tantissimo tempo fa: un confronto tra popolazioni rurali stabili e popolazioni che sono dedite alla pastorizia”.

E poi Attanasio faceva riferimento agli scontri legati al “desiderio di impossessarsi di alcune zone, dove magari c’è un’altra tribù, per il controllo delle risorse minerarie“, cioè oro e diamanti, petrolio, coltan e “tutte le materie prime chiamate ‘terre rare’ che vengono utilizzate nell’industria”.

All’origine delle violenze anche scontri per “l’accesso ad una foresta da cui possono prendere il legno per ricavarne del carbone, che è la principale forma di energia soprattutto per cucinare“.

Attanasio considerava l’ingerenza dei Paesi esterni solo “uno dei fattori” che contribuiscono allo scatenarsi delle violenze.

“Il motivo principale per il quale nascono questi gruppi armati – sottolineava il giovane diplomatico italiano – è dovuto soprattutto al fatto che in alcune zone del Paese, come in quelle più periferiche nel nord-est, non esiste un controllo dello Stato capillare e capace” di garantire totale sicurezza alla popolazione.

Questo tuttavia ora non chiarisce il motivo per cui l’ambasciatore si sia avventurato senza scorta in quella zona del Paese, che sapeva essere così pericolosa e instabile, solo perché il governo locale aveva autorizzato il viaggio del convoglio senza scorta.

L’ambasciatore italiano infine evidenziava come tra le conseguenze delle violenze dei gruppi armati in quelle zone ci sia “il fatto di provocare, oltre ai morti, anche numerosi sfollati“, emergenza per la quale pure”“l’Italia da circa venti anni è fortemente attiva tramite la Cooperazione allo sviluppo”.

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