Tutto da rifare: per il gip, sul giallo della morte di Imane Fadil servono nuove indagini e perizie
Tutto da rifare: sia riapre il giallo della morte di Imane Fadil. Nessuna archiviazione al mlomento: per il gip al lavoro sul caso, servono nuove indagini. Ulteriori valutazioni e perizie. Insomma, niente archiviazione per quella che, in un primo momento, era apparsa come la fine misteriosa di una delle testimoni chiave del caso Ruby, deceduta il 1 marzo 2019 in una clinica nel Milanese. Lo riferisce in queste ore, tra gli altri, il sito dell’Ansa, che ripropone dubbi, sospetti e lacune del caso. Quel decesso, improvviso e anomalo, che due anni fa ha giustificato un vero e proprio “giallo” sulle drammatiche sorti di una delle testimoni chiave del caso Ruby, torna d’attualità giudiziaria in queste ore. Ore in cui la morte della modella marocchina, deceduta il primo marzo 2019 all’Humanitas di Rozzano, fa riaccendere i riflettori della cronaca e della giustizia. E, soprattutto, ripropone l’interrogativo chiave dell’intera vicenda: c’è un nesso tra la fine di Imane Fadil e la condotta dei sanitari? In altre parole: la malattia rara che le è stata diagnosticata, poteva essere ipotizzata prima?
Morte di Imane Fadil, tutto da rifare: servono nuove indagini sulla sua morte
Dunque, come riferito dall’Ansa, il gip di Milano «Alessandra Cecchelli, accogliendo la richiesta dei legali della famiglia della giovane, tra cui l’avvocato Mirko Mazzali. E respingendo l’istanza di archiviazione dei pm», congela l’archiviazione del caso. Anzi, come riporta l’agenzia di stampa in un esaustivo servizio, ricostruisce le tappe giudiziarie del giallo e riferisce: «La Procura milanese, all’esito delle complesse indagini, aveva chiesto di archiviare l’inchiesta aperta per omicidio volontario, escludendo anche responsabilità mediche». Ma, nell’istanza di opposizione discussa in udienza nel febbraio del 2020, «i legali dei familiari» della vittima, gli avvocati «Mazzali e Nicola Quatrano, avevano indicato al gip la necessità di disporre tutta una serie di nuove “valutazioni peritali”». Valutazioni che implicherebbero anche «le presunte responsabilità dei medici nelle terapie, a loro dire, sbagliate. E sulla diagnosi non tempestiva».
Quando la drammatica vicenda della morte di Imane Fadil si tinse di giallo
Come noto, nel caso della modella e della sua dolorosa fine, a metà settembre 2019, dopo mesi di articolati accertamenti, gli inquirenti erano arrivati alla conclusione che Fadil era stata stroncata da una malattia rara. Una forma di aplasia midollare che le era stata diagnosticata tre giorni prima di morire nella clinica milanese. Ma, sia prima che dopo la morte della donna, il primo marzo di due anni fa, a ridosso di accertamenti e sospetti. Dubbi e controlli medici, aveva cominciato a circolare la voce di un “possibile avvelenamento”. Persino gli esiti di alcune analisi eseguite pre e post mortem, avevano destato allarme e scalpore, alimentando un intricato giallo. Un mistero, poi chiarito e fugato, in quei concitati giorni alimentato dall’ipotesi, poi smentita dai successivi accertamenti, di un avvelenamento con sostanze radioattive o metalli pesanti. Ipotesi che, in quei giorni drammatici, sembrava prendere piede anche sulla base di una telefonata in cui la ragazza al suo legale dell’epoca avrebbe confidato: «Volevano farmi fuori».
Niente archiviazione: il gip fissa un termine a 6 mesi e restituisce gli atti ai pm
Il giudice al lavoro sul caso ne prende atto. E come ha potuto verificare l’Ansa dalle carte del provvedimento, sono «necessarie ulteriori indagini per avere un quadro probatorio chiaro ed esaustivo». Dunque, in linea con quanto sostenuto dai legali della famiglia di Imane, anche per il gip servono «ulteriori approfondimenti attraverso specifica valutazione peritale». Tutto al fine di per verificare se «fosse prevedibile ed evitabile la emorragia gastroesofagea che ha determinato la morte di Imane Fadil». E ancora: «Se fosse possibile un accertamento più tempestivo della diagnosi della malattia». E se, dunque, si «poteva evitare il decesso» con «le cure del caso». Tanti se che tornano a galla e che potrebbero fare la differenza. Per questo, il gip ha fissato un termine di 6 mesi per le nuove indagini, restituendo gli atti ai pm. La parola fine sul caso di Imane Fadil, ancora non può essere scritta…