Trumpisti pronti al bis: “Il 19 tutti a Washington”. The Donald: “Chi mi ha votato avrà voce enorme”
Appuntamento il 19 gennaio, di nuovo a Washington. E da qui ad allora in ogni Stato, per colpire in qualche modo tutte le assemblee legislative dell’Unione. I sostenitori più radicali di Donald Trump non sembrano affatto pentiti per quanto accaduto a Capitol Hill e, anzi, l’assalto al Congresso sembra averli galvanizzati. Sui social si rincorrono così nuovi appuntamenti e nuovi obiettivi in vista di un’altra data clou: quel 19 gennaio in cui The Donald e la sua famiglia dovranno lasciare la Casa Bianca, che il giorno dopo verrà occupata dal nuovo inquilino Joe Biden, a quel punto ormai presidente in carica e non più solo “eletto”.
I trumpisti si riorganizzano sui social
A raffreddare un po’ gli animi c’è solo la notizia della presenza di un agente di polizia tra i morti di Washington. Se da un lato, infatti, il 6 gennaio esalta l’ala trumpista più dura, dall’altro il movimento che si era contrapposto al Black Lives Matter con lo slogan a sostegno della polizia Blu Lives Matter si trova lacerato nella propria coscienza “law and order”. Ne è cartina di tornasole, per esempio, il social media Parler, molto amato dai sostenitori più accaniti di Trump, dove circola una certa esaltazione per quanto accaduto.
Il tweet di Trump dopo Washington
Intanto, mentre Trump nel primo tweet da mercoledì annuncia che “i 75 milioni di grandi patrioti americani che hanno votato per me avranno enorme voce in futuro” e “non saranno trattati ingiustamente”, l’America continua a interrogarsi su quanto avvenuto a Washington. I commentatori insistono che quello che è successo mercoledì, per quanto sconvolgente, non è stato una sorpresa. E portano a sostegno della propria tesi il clima incandescente dei mesi scorsi, l’occupazione armata della sede dell’Assemblea Legislativa del Michigan e un improbabile piano per rapire e assassinare la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, nemica di Trump.
L’America si divide sui fatti di Capitol Hill
“L’estremismo è ormai il mainstream della politica americana, dobbiamo capirlo per il bene del nostro Paese. Non è più un fenomeno marginale”, ha detto Eric Ward, esperto di estremismo del Southern Poverty Law Center. Per Arie Kruglanski, docente di psicologia dell’università Maryland che studia i movimenti estremisti americani, poi, “per lo zoccolo duro dei gruppi di estrema destra questo è stato un grande successo, una pietra miliare nella loro lotta contro i mulini a vento, i presunti nemici dell’America, mentre scoraggerà chi non era così impegnato”.
Ma tra i sostenitori moderati di Trump circola la convinzione che quanto successo a Washington sia stata “un’azione da rivoltosi di professione”. “Erano persone travestite da sostenitori del Maga”, ha detto Jessica Teachout, attivista conservatrice di Houston che non è entrata a Capitol Hill. Una tesi ribadita anche da Leigh Dundas, avvocato della California impegnata nel movimento Novax e contro le misure anti Covid: “Era come una produzione teatrale. Credo – ha aggiunto l’attivista – che fossero persone mascherate da sostenitori di Trump“.