Salvatore Borsellino: “L’agenda rossa nella mani di Messina Denaro sarebbe un mezzo di ricatto”
“Non è alla mafia che interessava l’agenda rossa di Paolo Borsellino ma alle parti deviate dello Stato. E se quell’agenda fosse nelle mani di Matteo Messina Denaro, avrebbe uno strumento di ricatto incredibile”. A parlare con l’Adnkronos è Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia nell’attentato di via d’Amelio del 19 luglio 1992.
“Report ha mischiato cose vere ad altre poco attendibili”
Ieri sera la trasmissione Report ha dedicato una puntata alla trattativa Stato-Mafia e alle stragi del 1992, puntata che però secondo il fratello del giudice “non ha fatto altro che creare confusione”. Perché, “chi conosce la storia non ne ha ricavato nulla di nuovo. Chi non è addentro alle cose è rimasto stordito. Una serie di notizie, di ipotesi, di informazioni, affastellate una dietro l’altra che hanno generato solo una grandissima confusione. Un frullato di cose vere e altre poco attendibili”.
L’agenda rossa di Borsellino? Forse è in mano ai Servizi deviati
A colpire Salvatore Borsellino sono state le dichiarazioni secondo cui l’agenda rossa del giudice, scomparsa subito dopo l’attentato di via d’Amelio, sarebbe nelle mani del boss latitante Matteo Messina Denaro.
“La mafia – sottolinea – non è interessata al contenuto di quella agenda. È lo Stato, e in particolare le sue parti deviate, che avevano tutto l’interesse a farla sparire. Se Messina Denaro avesse quell’agenda avrebbe in mano uno strumento di ricatto incredibile. L’agenda rossa di Paolo è sicuramente nelle mani dei servizi segreti e non dei mafiosi”.
La trattativa Stato-Mafia? Una sentenza ne conferma l’esistenza
Borsellino non ci sta inoltre a sentire parlare di una “presunta” trattativa Stato-Mafia. “Smettiamola di chiamarla così – dice – Una sentenza di primo grado ne ha già riconosciuto l’esistenza, definirla presunta confonde solo le idee di chi ascolta”. E aggiunge: “La trattativa per la mafia è stata un’elevazione di status, un riconoscimento. Cosa Nostra e lo Stato sullo stesso piano, a trattare l’uno con l’altro. Pensate cosa sarebbe successo se la sua esistenza fosse venuta fuori negli anni subito dopo le Stragi del 1992, quando la società civile era scossa e mobilitata dalle morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sarebbe stato sconvolgente”.