Non c’è pace per le mamme: dopo “Genitore 1 e 2”, rispunta il “capofamiglia” sul modulo scolastico…
Non c’è pace per le mamme: dopo “Genitore 1 e 2”, rispunta il “capofamiglia” sul modulo scolastico… In epoca di genitore 1 e genitore 2. In una fase sociale in cui l’anticonformismo cede al ricatto del politically correct, succede anche che, come riferisce la Repubblica, «in una scuola per l’infanzia di Roma per iscrivere il proprio figlio bisogna indicare il nome del “capofamiglia“. Poi quello del coniuge. Accade all’istituto comprensivo Mommsen, all’Appio Latino, tra Colli Albani e il Parco della Caffarella».
Rispunta il termine “capofamiglia” sul modulo scolastico
L’uso del termine, antiquato almeno quanto desueto, ha fatto infuriare le famiglie. Sulle prime semplicemente stordite dalla novità, appresa scaricando il modulo dal sito online dell’Istituto. Poi, via via che andavano a compilarlo, sempre più stupite. Stranite. E poi, via via che il tam prendeva piede, indignate e offese. Una battaglia contro lessico e concetti d’ancien regime che, per una volta, sembra aver messo d’accordo tutti: buonisti e femministe. Così, riporta il quotidiano sulla vicenda, c’è chi ha sdrammatizzato ironizzando: «Ho messo il mio nome, sono io il capofamiglia». Ma anche chi, commentando con irritazione, ha sentenziato: «Anno domini 2021. Eppure in una materna non si sta al passo con la riforma del diritto di famiglia del 1975».
Famiglie sul piede di guerra: chi ironizza e chi s’indigna
Insomma, le mamme sono sul piede di guerra. Prima, chi non era d’accordo, ha dovuto battersi contro la formula neutra del genitore 1 e 2, trovata per accontentare i proseliti del rito Lgbt. Adesso, con il caos che regna su una materia in continua riformulazione concettuale. Iconologica. Lessicale. Che la cordata progressista vorrebbe sempre più “gender fluid”, le mamme si vedono chiamate a fronteggiare la minaccia retrograda che arriva dal “riuso” del termine “capofamiglia”. Su cui, registra Repubblica, Ettore Battelli, del dipartimento di Giurisprudenza di Roma Tre. Oltre che e direttore della Clinica legale in diritto dei minori, spiega: «Nel 1975, con la legge numero 151 di Riforma del diritto di famiglia, in Italia è stato abrogato l’articolo del codice civile che prevedeva la figura del capofamiglia. E il ruolo stesso del capofamiglia, che era attribuito al marito. La riforma metteva al centro la donna. Non solo nella condizione di essere pari al marito. Ma anche corresponsabile dell’indirizzo familiare e sotto i profili fondamentali di istruire, educare e mantenere i figli».
Bufera sull’istituto: le segnalazioni finiscono in municipio
Una materia divenuta complessa che il diritto intestato al politically correct ha riveduto e “corretto” per l’appunto alla luce di nuovi scenari. tanto che, sempre dalle colonne di Repubblica, Battistelli incalza: «E poi, dal 1975, ci sono state ulteriori novità: “Ad oggi nemmeno si può più parlare di potestà genitoriale, ma di responsabilità genitoriale (di cui parla anche lo stesso modulo, un po’ più in alto, ndr). Questo modulo ci riporta indietro». Ora comunque, svista o no, l’Ufficio scolastico regionale ha prontamente avanzato la veemente richiesta alla scuola «di correggere il modulo». Come spiegato dal direttore, Rocco Pinneri. E in rete fioccano post e tweet di segnalazioni e rimproveri per l’utilizzo di espressioni “retrogade” e “novecentesche”. Molti dei quali finiti anche in municipio. E si riparte daccapo…