Ma il Msi ha davvero mai compreso Giovanni Gentile? La provocazione in un saggio di Sideri

2 Gen 2021 21:10 - di Riccardo Arbusti

È stato il pensatore cattolico Augusto Del Noce a spiegarci che la storia contemporanea è  sostanzialmente la storia dell’espansione del marxismo. “E’ una storia fatta dal filosofo. Perché il valore del pensiero è per Marx quello di realizzare le condizioni per un’azione efficace a trasformare la società e il mondo. La storia contemporanea è perciò storia filosofica”.

Del Noce: il fascismo nasce con Giovanni Gentile

Una consapevolezza teorica, questa, che prima di Del Noce era stata colta in tutta la sua portata epocale solo dal giovane Giovanni Gentile con il suo saggio La filosofia di Marx del 1899. Nel quale mostrava non solo di aver capito Marx a differenza di Benedetto Croce, ma di elaborare a sua volta tutta la sua filosofia su questa precisa intuizione. Se infatti storicamente il fascismo nasce con Mussolini e Il Popolo d’Italia tra il 1914 e il 1919 da una scissione del partito socialista, è stato ancora Del Noce a retrodatarne la genesi filosofica proprio al 1899.

Con la pubblicazione del saggio gentiliano, che venne considerato dallo stesso Lenin – nel Dizionario Enciclopedico russo Granat del 1915 – uno degli studi più interessanti e profondi sull’essenza teoretica del pensatore di Treviri. Del marxismo Gentile respingeva il materialismo ottocentesco ma ne abbracciava con entusiasmo la dimensione “moderna” di “filosofia della prassi”, tesa non solo a interpretare il mondo ma a “trasformarlo”.

Lo studio di Sideri su Gentile visto da destra

Se ancora nel ’37, in pieni anni del consenso, Gentile ripubblicava il suo libro fondamentale giovanile, di tutto questo poco è rimasto dopo il ’45 e la conseguente rimozione-epurazione della presenza di Gentile nella cultura italiana. Almeno fino alla pubblicazione nel 1989 di Giovanni Gentile filosofo europeo di Salvatore Natoli e dell’opera postuma di Del Noce dedicata al filosofo di Castelvetrano e pubblicata nel 1990. Ecco perché giunge più che opportuno il recente studio di Rodolfo Sideri Con Mussolini e oltre. Giovanni Gentile da Marx alla destra postfascista (Edizioni Settimo Sigillo, prefazione di Giuseppe Parlato, pp. 374, euro 25,00), di cui a nostro avviso è fondamentale il sottotitolo che rimanda esplicitamente alla dimensione politica del discorso.

La categoria del Risorgimento

Sideri, docente di Filosofia, collaboratore della Fondazione Ugo Spirito-Renzo De Felice, e autore di numerosi studi, mostra di privilegiare la dimensione politica della ricerca su Gentile e della sua declinazione-interrogazione sulla nostra contemporaneità. Un concetto su tutti: la categoria di Risorgimento che – alternativa alle due derive opposte e fallimentari di Rivoluzione e Reazione – definisce un approccio tutto italiano e spirituale alla Modernità.

Nel Msi Gentile era evocato per il suo sacrificio ma poco studiato

Nel secondo dopoguerra, infatti, proprio mentre gli eredi di Gentile – sia la cosiddetta destra attualista di Armando Carlini che la sinistra gentiliana di Ugo Spirito – si ritroveranno in un modo o nell’altro a costeggiare il mondo politico postfascista, questa soggettività partitica non sarà mai in grado – nella sua dirigenza politica – di fare seriamente i conti con Gentile. Come si legge nel lavoro di Sideri, nel Msi Gentile era più rispettato ed evocato per il suo sacrificio personale e per il suo assassinio “eroico” per mano partigiana che per l’approfondimento del suo pensiero.

Gli scritti su Gentile apparsi sul Secolo d’Italia

Eppure, a rileggere bene la stampa militante dell’epoca (come ha fatto nel migliore dei modi Sideri), si ritrovano molti richiami a Gentile. A cominciare dal Secolo d’Italia, fin dalla fondazione e ben prima di diventare nel 1963 l’organo ufficiale del Msi. Già nel dicembre ’53, si lamentava sulle sue pagine la dimenticanza dell’analisi gentiliana della filosofia di Marx. Era il primo articolo dedicato dal quotidiano al filosofo ad opera del caporedattore Giuseppe Dall’Ongaro. Che, un anno dopo, torna sul filosofo in occasione del primo decennale della sua morte. Nel ’53, del resto, il giornale aveva inviato un intellettuale come Pacifico D’Eramo al Congresso di Filosofia di Bologna per verificare la presenza viva dell’attualismo nel dibattito filosofico italiano.

La visione di Primo Siena e Gaetano Rasi

Per non dire degli articoli sul tema del filosofo Edmondo Cione. Nel 1954, in convegni accademici e non, intervennero figure come Ernesto Massi, Aniceto Del Massa (responsabile Cultura del Secolo), Lorenzo Giusso, Giuseppe Saitta, Nino Tripodi… Il livello teorico è alto e adeguato al dibattito. Ma via via si verifica uno scivolamento retorico e sentimentale che prevale sulla riflessione filosofica. Così, con Primo Siena, Gaetano Rasi e altri pubblicisti e studiosi di Gentile inizia una lettura centrata soprattutto sulla sua conciliazione col cattolicesimo e sulla dimensione sociale del suo ultimo libro, Genesi e struttura della società e del cosiddetto “umanesimo del lavoro”.

La divaricazione tra gentiliani e evoliani

Sideri è bravissimo a ripercorrere tutta questa fase, rivista per rivista, convegno per convegno, autore per autore. Fino alla cosiddetta divaricazione tra gentiliani e evoliani, in cui però spesso la lettura dei testi dei due pensatori era più strumentale che altro. Non bisogna comunque credere – si legge in Con Mussolini e oltre – che in realtà non fossero concesse anche conciliazioni tra le due diverse presunte posizioni. “Si potrebbe dire – spiega Sideri – che si tratta di quei giovani che si sentono dei naufraghi nel mondo, dopo il naufragio del fascismo, ma soprattutto della concezione della vita che esso portava con sé; e come tutti i naufraghi non si sentono di rifiutare nessun materiale di risulta che le onde restituiscono e con il quale provare a costruire una possibilità di esistenza in un mondo ostile”.

Un tentativo di conciliazione

Il tentativo prevalente – e qui Sideri mostra una estrema finezza ermeneutica – fu quello “di utilizzare Julius Evola come pars destruens di una modernità che si identificava con l’antifascismo e con la negazione dei valori etici e spirituali, e Giovanni Gentile come pars costruens di una società che, soprattutto attraverso l’umanesimo del lavoro, poteva costituire un’alternativa al mondo borghese-capitalistico”. Un tentativo teorico di conciliazione, questo, di cui fu protagonista soprattutto il cattolico Primo Siena.

Ripartire dal vero Giovanni Gentile

Al termine delle oltre 360 pagine, Sideri arriva alla questione più attuale ed epocale. Si potrebbe oggi, in una realtà in cui tutti i paradigmi sono mutati e le ideologie crollate, ripartire non da un Gentile distorto e strumentale, più citato che letto, più evocato che studiato, ma dalla sua più profonda interrogazione filosofica? Una domanda che viene rilanciata dalle parole di Hervé Cavallera, secondo cui tornare alla filosofia di Gentile “in tempi in cui occorre davvero rifondare la vita politica, staccandola dai legacci dell’utile e dell’economico, diventa un aspetto essenziale per la stessa sopravvivenza della civiltà occidentale all’interno della quale gli italiani hanno svolto da sempre ruoli fondamentali”.

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