Nelle ore in cui il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, artefice della grande operazione di distribuzione del reddito di cittadinanza, è impegnato nelle trattative con i responsabili per non far cadere il governo, c’è una notizia passata quasi inosservata sui giornali. Un concittadino di Di Maio, il giornalista simbolo della lotta alla camorra e ucciso dai boss per il suo impegno civile, Giancarlo Siani, oggi si starà rivoltando nella tomba dopo aver appreso la notizia che il figlio del suo killer incassa regolarmente il sussidio dello Stato. La conferma di un meccanismo che opera senza alcun controllo e senza alcuna possibilità di fare opposizione: i diritti sono legittimi, c’è una legge che non impedisce ai parenti di un criminale di ricevere il reddito di cittadinanza, ma la questione morale fa rabbrividire, scandalizza.

E dispiace che neanche una parola di autocritica si levi dallo stesso Di Maio, in silenzio su tutti quei casi in cui ex terroristi, delinquenti, parcheggiatori abusivi o persone con un regolare lavoro, sono stati colti con le mani nel sacco ad incassare i soldi del governo.

Siani e il figlio del killer col reddito di cittadinanza

Secondo notizie riportate dai giornali locali, il figlio di Luigi Baccante, capo dell’omonimo clan di Marano, condannato in via definitiva, con Angelo Nuvoletta, per aver voluto e organizzato l’uccisione del cronista del Mattino Giancarlo Siani, appartiene a uno dei 250mila nuclei familiari campani che intasca il beneficio. Secondo Il Mattino, qualche mese fa il collaboratore di giustizia Roberto Perrone aveva dichiarato come i familiari dei killer del giornalista continuino a ricevere dei soldi per i familiari dei detenuti implicati in quell’omicidio, i killer materiali, detenuti all’ergastolo per l’omicidio Siani, ossia Armando Del Core e Ciro Cappuccio.

E pensare che i grillini, in ogni occasione, non mancano di indicare Siani come esempio di impegno civile, a cominciare dal presidente della Camera Roberto Fico.

“Le leggi, al momento, escludono dal diritto al reddito di cittadinanza soltanto chi si sia macchiato di delitti di stampo mafioso, legati al terrorismo e all’eversione o chi abbia dichiarato il falso all’atto della domanda – denuncia  il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli -. Noi riteniamo che sia indegno e vergognoso che un uomo legato alla camorra venga mantenuto dallo Stato. I camorristi non dichiarano nulla al fisco ovviamente, hanno diversi prestanome, spostano i capitali all’estero e vivono depredando il prossimo. Vanno assolutamente fatte delle modifiche a determinate leggi per impedire che i boss o i loro parenti possano avere addirittura sussidi dallo Stato. Ai camorristi bisogna sequestrare tutti i beni non dare il reddito di cittadinanza. Così facendo – ha concluso l’onorevole – si sta insultando la memoria di Siani e di tutte le vittime e quelle persone che hanno combattuto le mafie e la criminalità”.