L’Italia rischia il lockdown duro. Ricciardi: «L’apri e chiudi non va». Galli: «Non illudete la gente»

25 Gen 2021 8:46 - di Paolo Sturaro
lockdown duro

Da una parte il giochetto delle zone colorate, che non garantisce più di tanto il contrasto alla diffusione del virus. Dall’altra i ritardi nei vaccini, che rappresentano un segnale d’allarme. Dall’altra ancora l’organizzazione per la vaccinazione di massa, che ancora non esiste. Troppe le incognite e si ricomincia ad accarezzare l’idea di un nuovo lockdown duro. Il che suona come un campanello d’allarme, viste le ripercussioni che porterebbe con sé. «L’apri e chiudi è uno stillicidio», afferma Walter Ricciardi. «Ogni minima debolezza potrebbe costarci una terza ondata», è la posizione di Massimo Galli. «Inutile illudere la gente».

Il lockdown duro, le varianti e i colori

«Le varianti sono un pericolo, tutti in zona rossa per un mese». Lo dice al Messaggero il consulente del ministro sella salute Roberto Speranza. «Con i colori non si può controllare davvero il contagio». Mentre sui ritardi dei vaccini, Ricciardi afferma che «Pfizer ha appena annunciato che tornerà alla normalità con le forniture. Speriamo che si possa recuperare. Gli over 80 inizieranno tra febbraio e marzo. Ma io sono preoccupato perché l’organizzazione di una vaccinazione di massa ancora non è stata perfezionata. Dobbiamo farci trovare pronti quando avremo un numero sufficiente di dosi».

Il nodo della vaccinazione di massa

«Abbiamo ancora troppi casi, serve per un mese che tutte le regioni siano in fascia rossa. Un lockdown vero. Le zone arancioni sono insufficienti. Altrimenti ci troveremo nella situazione drammatica che ora stanno vivendo Spagna e Portogallo». Sul fatto che AstraZeneca ha confermato un taglio del 60 per cento, Ricciardi pensa che questo «non comprometterà la campagna vaccinale. Penso che invece è su un altro fronte che dobbiamo fare attenzione. Serve un salto reale di qualità sull’organizzazione della vaccinazione di massa. Però dobbiamo farci trovare pronti nel momento in cui, come tutti speriamo, arriveranno molte dosi dei vaccini. Al momento questa certezza non c’è».

Troppe domande senza risposta

«Vedo che c’è ancora tanto disorientamento: quale sarà il meccanismo di prenotazione? Dove si faranno le vaccinazioni? Penso che siano dubbi da chiarire quanto prima. L’immunità di gregge l’avremo solo quando vaccineremo il 70-80 per cento della popolazione. Secondo me siamo ancora in grado di riuscirci entro la fine dell’anno. Se ci organizziamo bene, però». Il sistema dei colori delle Regioni «rallenta la curva epidemiologica. La tiene sotto controllo», dice ancora Ricciardi. «Ma non serve a riportare i numeri ai livelli che sono compatibili con la normalità: i 50 casi ogni 100mila abitanti. Con il semplice sistema dei colori, questo obiettivo non lo raggiungeremo.

«Tutti in zona rossa»

Un’inversione di tendenza può avvenire solo con misure più energiche». Rispunta quindi il lockdown duro. Tutte le Regioni nella fascia rossa? «Sì», aggiunge, «per quattro settimane. Dobbiamo stroncare subito la diffusione di nuove varianti. Dopo avere rallentato il contagio, si può ripartire un regime con testing, tracciamento e campagna vaccinale».

Lockdown duro, la tesi di Massimo Galli

«Senza vaccini», dice a sua volta Massimo Galli, «siamo esposti a un contagio che galoppa e varia in tutta Europa. Si devono mantenere le restrizioni fino a che non si sarà sicuri di essere usciti dalla tempesta. Già così, con il ritardo dei vaccini, l’inverno, le varianti, e il virus che circola dentro e fuori i confini, è un rischio, se non probabile, certamente possibile». Alla Stampa, il primario all’Ospedale Sacco espone una posizione netta. «Bisognerà mantenere le misure fino a chiarire l’andamento della curva che resta incerto ma sempre in crescita».

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