L’infettivologo Galli: «Le vaccinazioni in Italia vanno troppo a rilento, ritardo preoccupante»

4 Gen 2021 8:56 - di Mia Fenice
Galli

Massimo Galli non esita a mostrare le sue perplessità:  la campagna di vaccinazioni contro l’epidemia da Covid stenta a decollare. «Non nascondo che la situazione che stiamo vivendo mi preoccupa». Il direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, intervistato dal Messaggero osserva che l’obiettivo di immunizzare il 70% degli italiani dopo l’estate in queste condizioni è difficilmente realizzabile. «Sarà molto difficile condurre la campagna vaccinale se non si tiene conto che in tutta Italia il personale sanitario è duramente provato. Difficilmente può farsi carico di altro lavoro straordinario, particolarmente in Lombardia. Credo si debba essere realisti: medici da assumere e infermieri liberi da impegni da reclutare ne abbiamo pochissimi, e quei pochi scarsamente interessati ad attività di carattere temporaneo come questo piano di profilassi. Il personale in termini numerici è nel tempo molto rarefatto».

Sacco: «Arruolare medici e infermieri andati in pensione»

Secondo l’infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, il problema si potrebbe risolvere «ragionando ad esempio sulla possibilità di fare ricorso a medici e infermieri che sono andati in pensione negli ultimi quattro anni. E che siano volontariamente disponibili a farsi carico di parte del lavoro e aggiunto alla campagna vaccinale. Questo con i dovuti riconoscimenti e le garanzie assicurative del personale operativo a tutti gli effetti. Ci riflettevo proprio in questi giorni. Che nel periodo festivo parte del personale si sia preso qualche momento di pace è comprensibile e questo ha rallentato le vaccinazioni, riducendo il numero sia dei vaccinatori sia dei vaccinandi disponibili, specie, immagino, in Lombardia. Anche perché non è che ci si aspetti un gennaio facile. L’attuale situazione dell’epidemia non può essere definita brillante. Mi spiace davvero dirlo, sembra che veda le cose solo negativamente, ma non servono grandi ragionamenti per affermarlo».

«I casi sono ancora tanti»

«Non mi stupisce – prosegue Galli – che in questi giorni la percentuale dei positivi sui tamponi fatti, che sono meno del solito, come sempre nei periodi di festa, sia più alta. In questi giorni è probabile che siano stati fatti in proporzione più tamponi a persone con sintomi. Ma anche questo non è un fenomeno privo di significato. Questo per dire che i casi sono ancora tanti e che rischiamo a breve una risalita. L’andamento dell’epidemia nel resto del mondo non conforta. La storia si ripete, si è già verificato che accadesse prima negli altri Paesi e che poi toccasse anche a noi. Nel futuro prossimo dovremo e potremo vaccinare tutto il Paese, mi auguro. Mai niente di simile è stato fatto prima. E doverlo fare in concomitanza di una forte ripresa della malattia sarebbe una grande iattura e un serio ostacolo. Continuare a contenere la trasmissione della malattia è fondamentale».

Galli frena sulla ripartenza del 7 gennaio

La ripartenza delle attività del 7 gennaio «è fonte di apprensione», dice Galli. «Sull’organizzazione dei trasporti pubblici al momento mi toccherebbe professare un atto di fede. Che tuttavia per il mio modo di pensare mi è molto difficile fare. Negare che la scuola rappresenti un contesto o una causa diretta o indiretta di diffusione dell’infezione significa negare l’evidenza dei dati di vari studi internazionali. Dati, compresi quelli del ministero dell’Istruzione, poi in qualche modo confusamente ritrattati, che ci dicono che è impossibile pensare che anche la sola movimentazione degli studenti non abbia un ruolo nella diffusione del virus».

Galli: «La coperta si è rivelata troppo corta»

E poi ancora. «È importantissimo riaprire, ma bisogna farlo gestendo in sicurezza i problemi connessi. Tra l’altro avremo contezza dell’entità casi di contagio avvenuti prima di Natale proprio nella seconda settimana di gennaio, dopo il 7. Le Regioni rimaste a lungo gialle – conclude – non mi sembrano poi messe così bene per numero di contagi e forse questo qualcosa vorrà dire. È stato riaperto tutto troppo presto, al di là dei criteri fissati e della grande attenzione nel farlo. La coperta si è rivelata corta ed è stata troppo tirata di qua e di là».

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