Feltri, comunismo e centenario Pci. Compagni addio: «Onore? Macché solo esequie e oblio»
Quella di Feltri sul comunismo è una vera orazione funebre. Celebrata in prima pagina su Libero di oggi, Feltri disattende coraggiosamente, dalla prima all’ultima parola, i dogmi che il politically correct impone. A partire dal titolo che, esaustivamente, recita: “I comunisti celebrano la loro morte“. Uno sguardo sul centenario della nascita del Partito comunista italiano che, spogliato come scrive il direttore di Libero, di «toni elegiaci» e «prosa retorica», getta lo sguardo al di là di ogni convenzione. Quella che, ricorda lo stesso Feltri, «si usa in ogni festeggiamento». Una voce fuori dal coro che esprime il desiderio represso a lungo di parlare dell’altra faccia di un mondo. Dei profili di una storia che in questi giorni giornali e tv celebrano tra enfasi e accademismo. Una storia, quella comunista di «falce e martello» che – scrive nella sua orazione il direttore – a differenza di quella «dei fasci littori» ha «ancora il diritto di albergare nei cuori di un certo popolo nostalgico. Niente di grave. Molto di assurdo»…
Feltri sul comunismo e sul centenario del Pci
E ancora. Una storia che, nella sua rivisitazione lucida e scevra da revisionismi trionfalistici e descrizioni agiografiche, Feltri ripercorre libero da qualunque forma di condizionamento culturale. Da ogni tentazione di ossequio al moloch comunista. Perché, scrive il giornalista nel suo editoriale in prima pagina, «il socialismo reale ha prodotto solo tragedie e ingiustizie macroscopiche. Come ben sanno quelli della mia generazione. I quali ne hanno viste di ogni colore, trovandosi anche a dovere lottare fisicamente contro i rossi invasati e violenti». E allora, niente giustificazionismi sul passato solo in quanto tale. Niente abbellimenti indotti dal tempo e dalla nostalgia.