E ora nel Pd monta la rabbia: «Conte vuole il “muoia Sansone con tutti i filistei”, inaccettabile»
Conte come Sansone? No, grazie. In queste ore, autorevoli esponenti del Pd (ma anche del M5s) sono in pressing su Giuseppe Conte “per farlo salire al Colle e giocarsela con un possibile nuovo mandato da Mattarella”. Il retroscena del Corriere parla chiaro. L’avvocato del popolo non ha più i numeri, il voto in settimana dell’aula del Senato sulla relazione Bonafede sarà la sua pietra tombale. Prima che sia tropppo tardi, gli hanno consigliato di provare subito con un Conte-ter.
Al Senato su Bonafede il governo non ha i numeri
Ma l’ìpotesi che “Giuseppi” si dimetta prima di mercoledì o giovedì, quando ci saranno le comunicazioni con votazione del ministro Bonafede sul bilancio della giustizia è impraticabile. «Non ne ho alcuna intenzione», continua a rispondere a chi gli suggerisce che la mossa potrebbe rafforzare invece che indebolire la formazione di un suo terzo governo.
Eppure, il rischio di non ottenere nemmeno una maggioranza relativa e andare addirittura in minoranza sarebbe l’inizio della fine. “Almeno per il colpo che ne riceverebbe proprio la sua figura e il consenso di cui gode”. Una quota del Pd non è d’accordo con questa strategia di Conte, non fa mistero che il rischio è quello di un «muoia Sansone con tutti i filistei». C’è chi gli continua a suggerire di riaprire alle richieste di Italia Viva, chi gli chiede di formalizzare una crisi prima di una possibile caduta dirompente in Parlamento, ma finora Conte è convinto di poter uscire dall’angolo.
Conte come Sansone? Renzi resta in agguato
Il premier punta ad accontentare i responsabili con nuove poltrone. Il decreto che allargherebbe i posti nell’esecutivo, permettendo di creare e spacchettare ministeri e posti da sottosegretario sino ad arrivare ad almeno sei nuove caselle. L’ex fedelissima di Berlusconi, Maria Rosaria Rossi è andata a Palazzo Chigi nei giorni scorsi. E una delle sei caselle sarebbe appunto per lei.
Tuttavia, secondo fonti vicine a Matteo Renzi, i numeri non basteranno in Senato sulla relazione sulla Giustizia del ministro Bonafede. I gruppi parlamentari di Italia viva si riuniranno solo il giorno prima per decidere come votare: il no secco è però scontato. Renzi, che non rientrerà a Roma fino a martedì, è fermamente convinto che sul nodo Giustizia il governo non avrà i numeri. La soluzione estrema per evitare le elezioni è sostituire l’avvocato del popolo. Allargare la maggioranza con l’aiuto di un’altra figura di capo del governo, entro il perimetro dell’attuale maggioranza, o anche facendo spazio a figure istituzionali. A quel punto, i renziani tornerebbero in maggioranza.