007, Urso: la nomina di Benassi chiude un vulnus e pone fine ai ricatti di Pd e M5S
Un rapporto privilegiato costruito per conto del governo italiano con Angela Merkel e la gestione di dossier delicati come la Libia, Europa e il Recovery Fund, il G7 e i rapporti con l’Egitto sono gli atout che hanno permesso all’ambasciatore italiano Pietro Benassi di salire dall’incarico di consigliere diplomatico di Giuseppe Conte, che ricopriva da due anni, a quello di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi d’intelligence.
Chi è Pietro Benassi
Romano, 63 anni, sposato, due figli, già ambasciatore in Germania e Tunisia, precedenti incarichi all’Avana, Varsavia, Bruxelles ed ex-capo di gabinetto degli ex-ministri degli Esteri Emma Bonino e Federica Mogherini, Benassi ha tolto parecchie castagne dal fuoco a Conte. Che lo ha ricambiato con il delicato incarico sugli 007 italiani.
In quanto consigliere diplomatico di Conte, Benassi era anche sherpa del G7 e del G20, di cui l’Italia ha appena assunto la presidenza.
Nelle ultime ore le quotazioni di Benassi erano decollate portandolo ad imporsi sugli altri candidati i cui nomi erano circolati insistentemente fra gli addetti ai lavori.
A questo punto con la nomina di Benassi al quale il premier affida la delega ai servizi segreti vanno a sbloccarsi, a cascata, tutta una serie di altre nomine, legate ai “vice direttori” dell’intelligence interna, esterna e del Dis.
La delega affidata da Conte a Benassi chiude, per il momento, mesi di polemiche roventi e di ricatti, guerre striscianti e fratricide, trattative sottobanco nella maggioranza condotte da Pd, Italia Viva ed M5S che cercavano di mettere le mani sulla delicata poltrona.
Fratelli d’Italia ha sempre contestato al premier il fatto che, fin dal primo governo Conte, avesse tenuto per se la delega ai Servizi segreti invece di conferirla.
“Fummo i primi a chiedere a Conte di nominare un’autorità delegata – ricorda Adolfo Urso, senatore FdI e vicepresidente del Copasir – Fratelli d’italia presentò una proposta di legge per cancellare la facoltà che il premier ha di conservare per se la delega”.
“Abbiamo sempre valutato che la delega dovesse essere affidata ad altri”, rivendica il senatore di FdI ricordando che “Pd e Cinque Stelle si accusavano, reciprocamente, di usare la delega”. Che era diventata una specie di merce di scambio.
“Era divenuta oggetto di trattative fra i partiti della maggioranza che la reclamavano”, ricorda Urso. Che sottolinea quale sia, viceversa, lo spirito della legge: “va data ad un uomo di fiducia del presidente del Consiglio – spiega il vicepresidente del Copasir – ma la responsabilità resta in capo al presidente del Consiglio”.
Insomma Conte non poteva darla ad un esponente di un partito della coalizione come, invece, rivendicavano Pd, M5S ed Italia Viva.
“Dal punto di vista della correttezza istituzionale – insiste Urso – non poteva essere affidata a un esponente di partito. Ed è stato già grave che l’argomento sia già stato elemento di verifica di governo. I partiti di maggioranza pretendevano addirittura di avere un proprio uomo, in conflitto con lo spirito della legge”.