Luttwak attacca D’Alema sulla Cina: così i cinesi vi faranno le scarpe con i router 5G

10 Dic 2020 19:11 - di Roberto Frulli

Il politologo americano Edward Luttwak attacca l’ex-presidente italiano del Consiglio Massimo D’Alema per la sua partecipazione ad un incontro, promosso dalla Cina, per spingere le proprie aziende, Huawei e Zte, impegnate in un complicato braccio di ferro commerciale con l’Occidente sui propri apparati di trasmissione dati, in particolari i router 5G. Che, nel prossimo futuro, rappresenteranno un nodo fondamentale, nel passaggio di tutta l’informazione mondiale.

Luttwak ritiene – e lo dice con molta schiettezza e competenza – che la Cina possa utilizzare, dal punto di vista tecnologico, i router Huawei e Zte per rubare dati all’Occidente. Grazie, anche, ad alcuni accorgimenti tecnologici.

E non si capacita del fatto che uno come D’Alema, che è stato, fra l’altro, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti, possa cadere in una trappola del genere.

“Non ce l’ho con D’Alema. È che lui sa di cosa si tratta, i 5 Stelle e gli altri non sanno niente. Ma lui sa benissimo di cosa si tratta. Huawei e Zte sono un rischio per l’Italia“, giura Edward Luttwak replicando così, di getto, all’Adnkronos, alla domanda sul perché abbia lanciato via Twitter un attacco frontale a Massimo D’Alema per la sua partecipazione alla conferenza che la succursale italiana dell’azienda cinese Zte ha tenuto oggi sul tema, “Perché avere paura del 5G? Quando la conoscenza crea valore”.

Conferenza alla quale hanno preso parte anche esponenti di governo. E che fa seguito a quella del 1-3 dicembre di 5G Italy, che ha avuto come ‘Platinum sponsor’ la stessa Zte e l’altro colosso cinese delle telecomunicazioni,

Luttwak spiega all’Adnkronos: “Lui (D’Alema) sa benissimo di cosa si tratta. Queste due compagnie telefoniche, Huawei e Zte, quando installano i loro router hanno delle “finestre” aperte per poterli aggiornare. Queste finestre possono essere usate per il download dei dati”.

La questione riguarderebbe la sicurezza delle reti 5G, in nome della quale tanto gli Usa, – che hanno lanciato l’allarme per primi – quanto, a ruota, la Gran Bretagna, la Germania, la Svezia ed altri Paesi, vogliono tenere ‘lontane’ le aziende cinesi. Che sono, fra l’altro, sospettate di essere null’altro che il braccio tecnologico del governo e delle forze armate di Pechino.

In alcuni tweet, Luttwak non ha risparmiato le critiche, ma anche l’apprezzamento per l’ex premier italiano. “Sono dispiaciuto che Massimo D’Alema proponga l’uso di router cinesi Huawei/ZTE, già rifiutati da Germania e ogni paese che ha segreti tecnologici o commerciali da proteggere. Avendo gestito (bene) il Copasir per anni, lui sa che le 2 aziende sono componenti dell’intelligence cinese“, ha scritto in italiano. Scatenando la reazione indispettita di Huawei.

Huawei è un’azienda privata interamente posseduta dai suoi dipendenti – replica il gigante cinese delle telecomunicazioni. – Nessun ente governativo o organizzazione esterna all’azienda detengono partecipazioni o effettuano alcun controllo”.

“Ci siamo guadagnati la fiducia dei più importanti operatori di telecomunicazioni in Italia e nel mondo grazie al nostro track record di sicurezza negli ultimi 30 anni. Huawei – si difende la società di Shenzhen – non ha mai e non accederà mai di nascosto alle reti di telecomunicazioni, né ha la capacità di farlo. Abbiamo chiesto più volte di mostrare prove specifiche invece di utilizzare i media per diffondere voci. Continuare a ripetere una bugia non la rende vera”.

Ma, in un altro tweet in inglese, il politologo rincara la dose. E parla di uno “speciale disappunto” per la partecipazione di D’Alema all'”offensiva propagandistica cinese in Italia“.

Luttwak descrive così D’Alema, rendendogli in qualche maniera omaggio: “Cresciuto come comunista, eppure alleato molto efficace degli Usa nel 1999 e oltre”. E poi, “qualcuno in Italia non sa resistere alla tentazione di prendersi gioco degli alleati”.

Cosa significa tutto questo? Va aggiunto, a tutta la vicenda, un particolare di non poco conto.

La leadership commerciale mondiale sui cosiddetti “apparati di rete” è saldamente detenuta, da anni, dagli Stati Uniti. E, in particolare, dall’azienda statunitense Cisco, i cui apparati, costosissimi ma altrettanto celebri per la propria robustezza e qualità, sono le macchine più installate nel mondo.

Naturalmente sarebbe ridicolo pensare che in gioco c’è solo una leadership di mercato. La torta è grossa, un mucchio di soldi.

Ma il punto non è questo. In gioco c’è molto di più. C’è il gigantesco, immenso flusso di informazioni che attraversa in tutto il mondo, ogni secondo, quegli apparati. Chi detiene il nodo, un router, detiene la conoscenza. E quindi il potere. Quello vero. Ecco il reale motivo del braccio di ferro fra gli Usa e la Cina.

Cosa significa, nel quotidiano, lo spiega bene Luttwak.

D’Alema, secondo Luttwak, “sa” quale sarebbe il rischio di utilizzare tecnologia cinese per lo sviluppo delle reti 5G. E “sa anche una seconda cosa che nessuno capisce: l’intelligence cinese, non è come il Kgb, la Cia o il Mossad. Loro non vanno a cercare i piani di guerra per l’invasione di Pechino. Loro setacciano tutto, prendono tutto”.

”Così – spiega Luttwak – se c’è un esportatore di scarpe di Brescia che contatta il suo agente in Cina e gli dice, ‘fatti dare 20, ma anche 18, ma sotto 18 niente’, questa informazione viene data dall’intelligence di Pechino all‘importatore cinese, che così acquisisce un vantaggio nella trattativa“.

“Loro (i cinesi) – aggiunge il politologo – non vogliono rubare segreti industriali, o i segreti della Nato, o chissà che. Loro (sempre i cinesi, ndr) se c’è qualcuno che a Napoli fa una salsa di pomodoro che va bene sul mercato, passano la formula a uno che poi la rifà in Cina“, spiega. Ma è altrettanto sicuro far transitare tutte le informazioni su apparati di un’azienda statunitense che ha la leadership di mercato?

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