Italia e Cina, intrecci pericolosi in tempi di coronavirus: cosa rischia il nostro Paese

30 Dic 2020 18:29 - di Antonio Saccà
Cina Italia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo 

L’anno che si conclude è stato pessimo, per il nostro Paese e per l’intero Occidente. L’unico Stato che ha avuto meno danni e quindi maggior profitto è la Cina. E se la situazione continua, il vantaggio della Cina sarà enorme. Non vi è una strategia nei riguardi della Cina. Il Capitalismo di alto livello e non soltanto, crede di avere vantaggi dalla Cina ed è indifferente ai risultati strategici che ne vengono contro l’Occidente. Il cambio di presidenza degli Stati Uniti palesa che il Capitalismo americano non vuole conflitti economici con la Cina (dazi). Vedremo.

Cina, cosa rischia l’Italia

Alla lunga, il rapporto tra Stati Uniti e Cina, dubito che si possa equilibrare. La Cina è maggiormente imperialista degli Stati Uniti, per il numero dei suoi abitanti e per l’enorme disponibilità di capitali che devono essere investiti. E suppongo che un Paese come l’Italia ha tutte le caratteristiche per diventare una polpetta saporita dell’imperialismo cinese. Si guarda poco a quest’aspetto, ma il rapporto del nostro Paese con la Cina, specie in tempo di virus, e con il Governo presente, si sta intrecciando pericolosamente.

Il Sud faccia impresa

Da non trascurare che l’Africa è in gran parte in mani cinesi e sta penetrando in Italia demograficamente. Ma vengo al nostro Paese. Vi sono fermenti, focolai di iniziative, illusionismi e quant’altro. Il Sud vuole rinascere e ha tutte le qualità per rinascere. Spera nel Discovery Fund, ma dovrebbe specialmente e soprattutto animare progetti concreti, fattibili, gruppi di studio. Noi siamo uno dei Paesi che ha saputo meno utilizzare i fondi europei. Invece di rimestare polemiche Sud e Nord, il Sud si attivi, susciti progetti, crei un’opinione pubblica a favore delle imprese, appoggi l’autooccupazione; si renda conto che il problema non è avere capitali, ma saperli impiegare.

Il Sud è stato prediletto dalla natura e spesso maledetto dalla società: corruzione, sperpero, una predilezione per l’impiego pubblico, una attenuazione dello spirito imprenditoriale. Sia questo frutto del dominio piemontese e lombardo, industrie al Nord, burocrati, funzionari, magistrati, docenti, impiegati al Sud, non è il caso di discuterne. Ora si attivi, affronti il rischio dell’imprenditorialità. Si aiuti da sé e soprattutto non trasformi il denaro europeo in assistenzialismo e largizione elettoralistica; o, peggio ancora, ambiguità legale.

Come utilizzare il Recovery Fund

Anche se forse in questa occasione il credito è vincolato a progetti efficienti e sani. Ma le vie della corruzione sono infinite. Se non c’è una trasformazione etica, ossia il rischio di impresa, il Sud non risorgerà. Dire che il Sud non ha spirito imprenditoriale è una bestemmia; è il contesto che rende difficile l’imprenditorialità e non soltanto, come molti al Sud ritengono, l’impedimento del Nord. Di recente, il movimento politico-culturale Equità Territoriale, animato da Pino Aprile, ha progettato una seria ipotesi di attività imprenditoriali. Vi sono personalità che con passione si dedicano ad utilizzare il Recovery Fund – vale per tutti Sante Blasi. Ma sono innumerevoli e appassionatissimi. E’ giusto che l’Italia non risorge se non risorge il Sud. I programmi valgono, ma vale anche la forza sociale alla quale si appoggiano. Su quale forza sociale si appoggia Equità Territoriale? E’ un punto da precisare. Darei rilievo all’impresa dei lavoratori disoccupati, licenziati, alla rigenerazione di imprese che chiudono, insomma al lavoratore imprenditore. Ma è tutto da discutere.

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