Ilva di Taranto, accordo Invitalia-Arcelor Mittal per una nuova industria pulita e partecipativa

14 Dic 2020 11:45 - di Mario Bozzi Sentieri
Ilva

Il 10 dicembre Invitalia, l’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo, ha raggiunto l’accordo di investimento con  Arcelor Mittal per una nuova gestione dell’Ilva di Taranto. L’accordo prevede in particolare un aumento di capitale di AmInvest Co. Italy Spa (la società in cui Arcelor Mittal ha già investito 1,8 miliardi di euro e che è affittuaria dei rami di azienda di Ilva in Amministrazione Straordinaria) per 400 milioni di euro, che darà a Invitalia il 50% dei diritti di voto della società.

Ilva, a maggio secondo aumento di capitale

A maggio del 2022 è programmato un secondo aumento di capitale, che sarà sottoscritto fino a 680 milioni da parte di Invitalia e fino a 70 milioni di parte di Arcelor Mittal. Al termine dell’operazione Invitalia sarà l’azionista di maggioranza con il 60% del capitale della società, avendo Arcelor Mittal il 40%.

Proprio per i particolari assetti societari di Invitalia, di proprietà del ministero del Tesoro,  le decisioni sulla gestione della storica impresa siderurgica, ancora una delle maggiori d’Europa nonostante l’ attuale crisi produttiva, passeranno – in buona sostanza – alla mano pubblica. Una stagione finisce ed un’altra, tra luci ed ombre, si apre,   venticinque anni dopo la vendita degli impianti Ilva-Italsider alla famiglia Riva, da parte dell’Iri, guidata da Romano Prodi.

Investimenti tecnologici per la produzione dell’acciaio

L’accordo, insieme ad un significativo impegno finanziario da parte dello Stato italiano, prevede investimenti tecnologici per la produzione di acciaio a basso utilizzo di carbonio, tra cui la costruzione di un forno ad arco elettrico, l’attuazione del piano ambientale, soprattutto in considerazione dei costi altissimi pagati dalla città di Taranto per le emissioni inquinanti dell’azienda,  il mantenimento dell’occupazione ai 10.700 dipendenti del gruppo.

Occorrerà  aspettare l’assetto azionario definitivo, previsto in primavera, per capire a fondo la struttura  che si intende dare all’azienda e soprattutto che cosa faranno sia Arcelor Mittal, quando sarà azionista di minoranza, sia la mano pubblica, inevitabilmente soggetta alle influenze della politica e dei partiti di governo.

La nuova classe dirigente

Da qui alcune note al margine, a partire da una domanda:  quali strade si intenderà percorrere per l’individuazione della  classe dirigente e degli assetti istituzionali dell’azienda? Un manager di un’azienda pubblica, quale sarà la “Nuova Ilva”, non può operare con meri criteri privatistici, laddove da salvaguardare c’è anche (se non soprattutto)  la partecipazione-rappresentanza degli interessi generali. E la capacità di partecipare deve essere  determinata dalla preparazione culturale e tecnico-professionale acquisita dall’esercizio delle specifiche competenze, messe a disposizione del bene collettivo.

La sfida delle nuova Ilva

Insieme alle necessarie trasformazioni tecnologiche, ai conseguenti investimenti, al rapporto con il territorio (con particolare attenzione alle politiche di risanamento-tutela dell’ambiente) la grande sfida della “Nuova Ilva”, proprio perché si tratta di un investimento pubblico, sarebbe allora  auspicabile che passasse attraverso un’ organica partecipazione dei lavoratori alla gestione e all’utile dell’impresa, ad esempio attraverso la costituzione (con elezione diretta) di un Consiglio di amministrazione espressione anche  degli operai, degli impiegati, dei tecnici, dei  dirigenti dell’azienda; ad essi andrebbe affiancato un rappresentate del Ministero del Tesoro, di quello dell’Industria e del Lavoro, proprio in ragione degli interessi collettivi in gioco.

In gioco la nostra credibilità nazionale

Per  la particolarità dell’accordo sottoscritto tra lo Stato e  Arcelor Mittal l’investimento sull’industria siderurgica da parte dello Stato, dopo la stagione delle “privatizzazioni”, assume un valore strategico che non può essere sottovalutato. In gioco non c’è  solo  un pezzo essenziale del nostro sistema produttivo, ma la nostra stessa credibilità nazionale. Per questo occorre agire con intelligenza e fantasia, facendo della nuova industria dell’acciaio, a gestione pubblica, un laboratorio per le nuove tecnologie, per la compatibilità ambientale e per una più alta condivisione da parte di chi in essa lavora. Dopo anni di fumi inquinanti e di mimetismo politico un po’ di trasparenza non guasterebbe. E visto l’esborso pubblico sarebbe doverosa.

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