“Parlamento Sotterraneo”: Mario Nanni svela miserie e nobiltà di Montecitorio
“Sto parlando all’amico. Resti tra noi. Parlo of the records”. È una costante senza tempo la “preoccupazione” che aleggia nel corridoio dei passi perduti o alla buvette di Montecitorio quando, incauto o rampante che sia, il politico si lascia andare a confidenze vere o presunte nell’intento, davvero stupido, di acquisire benevolenza o riconoscenza dal cronista. Mario Nanni è uno di quelli che ne ha viste e sentite per anni, cosicché proprio non sorprende che abbia voluto offrircene uno spaccato ragionato col questo suo godibile “Parlamento Sotterraneo” (Rubettino, 16€ ).
Sussurri e grida da Montecitorio
Aprendo la cassaforte dei ricordi, degli aneddoti e delle citazioni, lo storico capo del politico dell’Ansa evidenzia, annota e ci restituisce un universo che ancor oggi è sconosciuto. I tormenti e le mattane, le baldanze e le genialità e le cadute di stile di tanti protagonisti di questo Palazzo nel cuore della Capitale trovano quindi il loro compimento nel puntuto racconto di Nanni. Che, nel tratteggiare i fatti, a nulla s’inchina se non a quell’etica del dovere che impone ad ogni giornalista di fare sempre e soltanto il suo mestiere, cioè “dare le notizie”.
“Parlamento sotterraneo”: genio e vendette
Perché sotterraneo? Perché il Parlamento è costellato di frasi dette a metà, di parole dette e poi rimangiate, di voci di corridoio che hanno fatto la fortuna di qualche giornale con strilli in prima pagina, sussurri e grida della professione politica. Passano gli anni e quello che fu tempio felpato, riservato, ma anche subdolo e vendicativo di contrapposizione politica, cangia -segno dei tempi- in questa sorta di colorito vaso di Pandora, ridicolo e un po’ sbruffone, dei giorni nostri.
De Mita, Almirante, Craxi
Una sfilata di “maschere” che ci inquietano, ma di sicuro ci rappresentano.
È così che emergono le mitiche vasche di Ciriaco De Mita e le preferenze di Giuseppe Cossiga e la querelle sullo scrutinio segreto con l’ira funesta di Bettino Craxi. Come anche Giorgio Almirante, giornalista amico dei giornalisti, che si guadagnò il soprannome “vescica di ferro” per via della sua arte inimitabile di esercitare l’istituto dell’ostruzionismo per ore ed ore. E pure quel Mario Pochetti “buttadentro” del Pci che non si placava neppure davanti a Enrico Berlinguer.
Andreotti, Prodi, Berlusconi
C’è il rito mattutino del “caminetto” di Giulio Andreotti e c’è l’episodio del caffè di Luciano Violante alla buvette a seguito del quale scoppia un vespaio. Spazio quindi al pallottoliere inceppato di Arturo Parisi che provoca la caduta di Romano Prodi, a Silvio Berlusconi e alla frusta di “Re” Giorgio Napolitano, sino a giungere alla “scatola di tonno” di Grillo e dei pentastellati che tracimano, increduli e spaesati, tra quei marmi lucidi e quei divani di pelle amaranto.
“Parlamento sotterraneo”, la furbizia al potere
Il tutto con il contorno dei noti “pianisti” e degli insulti e delle parolacce che infine s’aprono una breccia anche nel lessico parlamentare. Fino alla umiliante notazione dell’oratore che parla mentre i colleghi stanno a smanettare al cellulare o al tablet.
Un caleidoscopio di miserie (tante) e di nobiltà (rare) che ha per protagonisti figure e figuri di ieri e di oggi intenti a confrontarsi, blandirsi e sfidarsi nella convinzione di essere ognuno il più furbo degli altri. Perché, come ebbe a notare un osservatore acuto e scanzonato del calibro di Giuseppe Prezzolini “L’italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno”.