Mughini incontenibile contro Boldrini, Saviano e grillini: «Mezza calzetta», «banale», «inesistenti»

30 Nov 2020 14:20 - di Gabriele Alberti
Mugini, Saviano, Boldrini

Si parte da Diego Armando Maradona, poi l’intervista dilaga a 360 gradi. Giampiero Mughini, giornalista, scrittore, intellettuale, in una lunga e bella  intervista rilasciata al quotidiano “La Verità” non fa sconti ad alcuno. Con la consueta onestà intellettuale non teme il mainstram dilagante. Sul grande fuoriclasse scomparso si è espresso anche Roberto Saviano, che ha scritto: «Non pensavo Maradona fosse mortale e non un Dio». La zampata di Mughini non si fa attendere: «Ho letto queste sue frasi, incredibilmente banali, in cui il napoletanista sopravanza così tanto l’ intellettuale. Del resto, non so dire quanto Saviano valga come intellettuale». E’ la risposta. Ma non finisce qui con l’autore di Gomorra.

Mughini su Saviano: “Non so quanto valga come intellettuale”

Non crede alle minacce della camorra nei suoi confronti? Lo incalza il giornalista de La Verità: «I tribunali hanno registrato le testimonianze di mafiosi che dicevano che quelle minacce non sono mai esistite. Falcone non è che lo minacciarono, lo fecero saltare in aria». La reazione di Mughini alla domanda successiva è tutta un programma. Sembra di vederlo e ascoltarlo, quando si passa ad analizzare il “boldrinismo”.

“Boldrini? Mezza calzetta”

La domanda verte infatti sull’ex presidente della Camera, sul suo femminismo politicamente corretto e sullo scivolone con Mattia Feltri. Attacca lo scrittore, con la consueta sincerità: «Per carità, abbiamo parlato di un protagonista immenso come Maradona. Non passiamo a parlare di una mezza calzetta». Poi l’affondo implacabile.«Siccome sono un uomo che per 365 giorni l’ anno onora la donna e il femminile, ai miei occhi il femminismo porta il nome di Carla Lonzi, non certo quello della Boldrini. La quale voleva che Mattia Feltri pubblicasse un suo insulso articolo contro Feltri padre. Per dire di Vittorio Feltri quello che si merita, nel bene e nel male, ci vuole ben altro che le risorse intellettuali di cui dispone la Boldrini».

L’omicidio Calabresi

Un capitolo a parte nell’intervista è dedicato all’omicidio Calabresi e al ruolo degli intellettuali in quegli anni. Argomenti, come si sa, sui quali Mughini ha scritto molto, soprattutto per essere stato testimone di fatti e circostanze. Mario Calabresi, non ha dato la mano a tre persone coinvolte nell’ omicidio del padre. Mughini d’impeto ha risposto così: «Ha fatto benissimo Calabresi, e io neppure sotto tortura dirò chi penso siano quei tre, due dei quali so benissimo chi sono. Uccidere un commissario di polizia in un agguato al centro di Milano fu un’ operazione condivisa da almeno 20 persone, senza contare le rispettive fidanzate».

Molti duro lo scrittore e giornalista sugli intellettuali “omertosi”, e su chi oggi avrebbe la pretesa di dare lezioni di civismo ex cathedra.

«A quel tempo ce n’ erano caterve – rammenta- Oggi si limitano a tacere per vigliaccheria, perché se metti becco in un argomento del genere, ti fai dei nemici. E parlo per testimonianza diretta. Io su questa storia ci ho scritto un libro: a parte l’ amico Cazzullo, non ne parlò nessuno. Anzi, venni querelato da un paio di militanti di Lotta continua».

Sul motivo del permanere di tanta omertà dopo tanti anni Mughini non ha dubbi. «Ci sono carriere da difendere, soprattutto nell’ editoria e nella comunicazione. Intendiamoci, non che io oggi voglia inchiodare una persona alla sua eventuale responsabilità morale per un episodio di quarant’ anni fa. Basterebbe però dire semplicemente: ho approvato, ho applaudito, mi dispiace di averlo fatto». Ragiona Mughini: «Ognuno risponde di sé stesso. Ho sempre pensato che, in fatto di moralità, non si possano dare lezioni. I sacerdoti del Bene, e Saviano è uno di questi, per me sono insopportabili. Humphrey Bogart non dava lezioni di coraggio: era il coraggio».

Poi ne ha per tutti: per gli intellettuali che dispensano pillole di politica in tv («Molti sono dei pagliacci, ma non tutti. Molti»); per coloro che firmarono «Il famoso appello dell’ Espresso contro Calabresi del 1971. Fu un gesto idiota, di cui in pochi si sono pentiti. Uno di loro, il mio amico Paolo Mieli». E gli altri? «Non vogliono rovinare il loro pubblico potenziale. Cialtroni da due soldi».

Ce l’ha con “l’invenzione” dell’antifascismo: «La mia generazione – spiega -ha avuto la fortuna pazzesca di non dover combattere una guerra, e di vivere in un Paese con reddito in crescita. Anziché ringraziare il cielo, ci siamo inventati una guerra psicotica, l’ antifascismo degli anni Settanta, che non aveva senso poiché il fascismo venne seppellito dalle bombe americane del ’45». E quando gli si chiede conto della pandemia per la quale spesso il coronavirus viene descritto come una guerra, Mughini esplode: «Non cadiamo nel ridicolo. Ci sono 53.000 morti in Italia ma è altra cosa di una guerra. Nel 1944 io bambinetto accompagnavo mia madre a prendere l’ acqua alla fontana. Alzavo lo sguardo e vedevo gli aerei alleati che si avventavano su Firenze, dove vivevamo». Insomma, non scherziamo.

Mughini: “I cinquestelle? Non so chi siano veramente”

Poi entra nello specifico della politica e dei personaggi che la animano. Caustico sul premier: «Conte va in televisione 10 volte al giorno, mille iscritti al suo partito li trova. Poi cosa possa rappresentare un partito di Conte non ne ho la più pallida idea». E per rendere più chiaro il concetto affonda: «Ai miei occhi non è interessante, difatti su di lui non ho mai scritto una riga. La cosa pazzesca è che lui prima era capo di un governo “ics”, oggi è capo di un governo “ipsilon”».

Godibilissimo, al solito, quando si esprime sui cinque stelle: «Non ho mai capito chi siano davvero. L’ unico elettore dei 5 stelle che ho conosciuto in carne e ossa era una giovane avvocatessa. Mi disse: ho votato i 5 stelle perché ho litigato con il fidanzato». Poi la chiosa: «Se trovassi per strada un 5 stelle, lo toccherei per verificare di quale materiale è fatto, se esiste davvero oppure no». Un’intervista tutta da leggere.

 

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