Lusso e moda, con la pandemia bruciato il 45% del fatturato. Travolta l’occupazione

16 Nov 2020 17:22 - di Redazione
lusso e moda

Negozi chiusi, vetrine svuotate, turismo cancellato. Il coronavirus  e la pandemia mandano al tappeto anche il settore del lusso e della moda. Con numeri che, entro la fine dell’anno, si preparano a far tremare i polsi agli addetti ai lavori. La riapertura dei negozi dopo il lockdown, unito all’allentamento delle misure restrittive durante l’estate, ha rimesso in ordine i conti del fashion per il terzo trimestre. Ma con la seconda ondata della pandemia la situazione è allarmante. L’industria rischia di lasciare sul terreno almeno il 45% del fatturato.

Lusso e moda, si stima una perdita del 45%

«Entro la fine dell’anno, per il mercato globale del lusso, stimiamo una perdita tra il -25% nello scenario migliore e il -45% in quello peggiore», spiega all’Adnkronos Guia Ricci, principal di Boston Consulting Group (Bcg). «Nel Q3 abbiamo avuto un miglioramento e ci stavamo avvicinando a una visione positiva ma con la nuova ondata di Covid ci riavvicineremo al worst case scenario, perché con il lockdown non uniforme tra i vari Paesi è probabile che raggiungeremo quel 45% che era nelle nostre previsioni. Mentre la prima ondata della pandemia ha colto tutti i brand alla sprovvista, in questo momento la maggior parte delle aziende è preparata e sa come reagire. «Questo permetterà di comportarsi in maniera più ordinata e chiara rispetto alla prima ondata – osserva Ricci – quando le aziende hanno registrato perdite molto più significative e strutturali».

Lusso e moda, mancano i turisti

E poi ancora. «Siamo vicino al -50% – rimarca Ricci – perché, oltre alle complicazioni legate al Covid, mancano i turisti, prevalentemente cinesi, che sono tra i drivers fondamentali del lusso nel Belpaese. Venezia e Firenze stanno soffrendo in modo particolare. Così come Milano, soprattutto nella zona centrale del lusso, tra il Duomo e il quadrilatero della moda. Dove il turismo internazionale è parte fondante». Per il 2020-2021, rispetto al 2019, «ci aspettiamo numeri ancora negativi a livello globale tra il -20% e lo zero – puntualizza Ricci – Sono numeri in evoluzione e in divenire, vedremo con il tempo quale sarà l’andamento della pandemia».

Situazione drammatica

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Stefano Vittucci, partner EY e responsabile Consumer Products and Retail in Italia. «Nello scenario che avevamo previsto, prima della seconda ondata di coronavirus, con restrizioni fino ad agosto stimavamo un impatto della pandemia sul settore del fashion e del lusso in termini di fatturato pari al 27% nello scenario base. E del 35% nello scenario più grave (dove le restrizioni erano previste fino ad agosto). Dagli ultimi dati l’impatto potrebbe essere anche peggiore con decremento dei ricavi compreso tra il 35 e il 40%».

Travolti anche i livelli occupazionali

L’onda Covid travolge anche i livelli occupazionali e soprattutto il retail. «L’e-commerce, in questi mesi, ha garantito la sussistenza di un certo giro di affari per le aziende. Soprattutto per quelle che erano già presenti su questo canale», rimarca Vittucci. «L’occupazione del retail, però, è stata assolutamente impattata dalle chiusure. E subirà anche l’effetto di un cambiamento di modello operativo che ormai si sta imponendo anche a seguito dell’incremento repentino dell’uso degli strumenti digitali e dell’online».

Il secondo lockdown

Dal campione di aziende oggetto delle analisi di EY in parallelo al decremento di fatturato, «avevamo stimato un aumento della disoccupazione. Tra il 30% nello scenario base e il 38% in quello più grave. Questa stima verrà certamente influenzata però dalle ulteriori restrizioni derivanti dalla seconda ondata del Covid. Già partite con le chiusure nel weekend e poi aggravate dal secondo lockdown».

Negozi, aperture e chiusure variano

I negozi, infatti, resteranno chiusi almeno fino ai primi di dicembre in quasi tutta Europa mentre in Italia aperture e chiusure variano a seconda della zona: chiusi nella rossa, aperti in quella arancione e gialla. “Ora la domanda vera è capire quanto durerà il lockdown e se le restrizioni si fermeranno il 3 dicembre – ragiona Vittucci – Con il Natale alle porte si potrebbero recuperare parte dei risultati attesi. Al contrario un prolungamento delle limitazioni potrebbe far venir meno molti dei volumi che questa stagione genera con danni più gravi. Soprattutto su alcune fasce di prodotto come ad esempio quelle non premium. Inoltre, anche la propensione al consumo potrebbe essere negativamente impattata dalla preoccupazione e dall’incertezza generale seppur in una condizione di riapertura».

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