La virologa Capua svela la cura miracolosa di Trump: «Una medicina molto ma molto costosa»

12 Nov 2020 15:36 - di Giorgia Castelli
Capua

La virologa Ilaria Capua è contro Trump e non lo nasconde. Usa gli stessi argomenti che escono dalla bocca di una certa sinistra. Lo attacca per la gestione della sua positività al coronovirus. Ma nel contempo svela un segreto, la medicina “miracolosa” con cui il Tycoon ha combattuto il Covid. «È stato capace di dare il peggior esempio possibile». La direttrice dell’One Health Center dell’università della Florida è ospite su Radio Uno a Un giorno da pecora. Il motivo? «Perché ha avuto un trattamento da superman, tipo criptonite». In pratica «gli hanno fatto una dose sostanziosa di anticorpo monoclonale, che è un missile terra-aria. Blocca il virus quando sta entrando nel sangue e quindi non riesce a provocare malattia. Solo che questa medicina non è per tutti. È costosissima. La cura di Trump sarà costata forse un milione di euro. È una cura da presidente».

Ilaria Capua: «Le terapie monoclonali sono come la criptonite»

«Gli anticorpi monoclonali – spiega – sono dei missili che, però, si producono in piccolissime quantità. E per funzionare devono essere super concentrati. A Trump hanno fatto una dose “da pecora”, per non dire da cavallo. Quindi è riuscito a fare l’ultima parte della campagna elettorale ridicolizzando il virus. Le persone che gli credono, e sono tante, hanno visto il loro presidente così spavaldo. Ma non vale! Perché a lui hanno fatto la criptonite», ironizza la Capua. Che ricorda come gli anticorpi monoclonali «sono terapie super speciali. È illusorio pensare che questa cura possa arrivare a tutte le persone in pochi mesi».

Il flusso dei ricercatori

Poi ancora attacchi contro Trump. «C’è un problema grandissimo con i visti delle persone che vogliono venire negli Stati Uniti, a causa del governo Trump. Mi auguro che sia una delle prime cose che Biden voglia sistemare, perché questo altera completamente il flusso di ricercatori»: E infine ha concluso: «Ci sono tanti europei negli Stati Uniti che lavorano con me, o in gruppi che collaborano con il mio, che non possono tornare a casa per Natale perché hanno paura di non riuscire a rientrare».

 

 

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