Galli della Loggia: «Così il mainstream culturale ha cancellato la stagione del terrorismo rosso»

21 Nov 2020 14:21 - di Marzio Dalla Casta
Galli della Loggia

Rosso e perciò rimosso. Meriterebbe ben più di un approfondimento l’editoriale sul Corriere della Sera a firma di Ernesto Galli della Loggia. Se non altro perché ci vuole ancora coraggio a denunciare l’evaporazione del terrorismo comunista dalla nostra memoria collettiva. Più che di un naturale processo di archiviazione mnemonica, quella rimozione – argomenta il professore – è il frutto di spinte esercitate in tandem dal mainstream politico culturale e dall’establishment politico. Galli della Loggia trae spunto dal libro di Mario Calabresi (Quello che non ti dicono) sull’omicidio di Carlo Saronio, avvenuto nell’aprile del 1975 per mano di esponenti contigui a Potere Operaio, sigla per la quale la stessa vittima simpatizzava. È solo uno dei tanti casi su cui è calata la cortina di silenzio.

Galli della Loggia: «Accadde già con la fase dopo il fascismo»

Ed è proprio questo malcelato imbarazzo che ha indotto Calabresi prima e Galli della Loggia poi a chiedersi che cosa sia stato il terrorismo italiano e che cosa sia davvero accaduto da noi negli “anni di piombo“. Due interrogativi tuttora privi di risposta. Infatti si parla solo di quello “nero“. Ma, si legge nell’editoriale, «dietro di esso socialmente c’era il nulla ed esso non ha lasciato nulla». Non così quello “rosso”, che invece ha potuto contare su «infatuazioni intellettuali diffuse» e su «collusioni personali in buon numero». Non furono pochi, insomma, quanti si voltarono dall’altra parte. Non è l’unica rimozione collettiva. «Accadde già con la fase storica seguita alla fine del fascismo», ricorda infatti Galli della Loggia. Che a dispetto degli anni trascorsi, conserva un quadro piuttosto nitido e puntuale sull’Italia degli Anni ’70, quando «nei luoghi sociali più inaspettati la legalità sembrò divenuta un optional».

I “borghesi” della P38

Erano gli anni dei cortei in passamontagna dove scandire slogan truculenti, spesso seguiti da “democratiche” sprangate. Gli anni della P38 tollerati nei salotti radical-chic della buona borghesia, da cui in gran parte provenivano teste e braccia del Movimento studentesco. Galli della Loggia la bolla come «omertà». Non solo generazionale, ma «sociale e culturale». Quei terroristi erano in gran parte i rampolli della «borghesia democratica, laica e cattolica». La stessa che si trovò a «costeggiare» fatti e protagonisti dell’eversione rossa. «E anche a condividerne il retroterra ideologico (…) anche perché percorsa dal brivido della complicità», rincara il professore.

«Ma non tutti hanno dimenticato»

Come il terrorismo brigatista, anche il germoglio della violenza di sigle come Lotta Continua, Potere Operaio, Avanguardia Operaia è alimentato dalla retorica della Resistenza tradita. È l’album di famiglia della sinistra comunista italiana. Se nessuno se ne ricorda, è perché molti di quei protagonisti sono oggi al vertice della catena politico-cultural-editoriale che oggi dirige la tendenza in Italia. Tutta gente che non solo «non mai chiesto scusa», ma che ora – lamenta Galli ella Loggia – è pronta «a spiegarci le regole della democrazia». Proprio così. Ma quel passato, conclude, «chi ha buona memoria e conserva qualche libro e qualche giornale, ricorda benissimo».

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