Vespa tagliente: «A Salvini un processo anomalo. Alla sbarra con lui c’è la credibilità del governo»
Caso Gregoretti, Salvini va a processo e il pm chiede subito l’archiviazione. E mentre tutto sembra chiudersi nel corso della prima udienza. Con un esito che smaschera le manovre a orologeria della sinistra e del governo Conte bis, che ha frettolosamente spedito l’ex ministro dell’Interno a giudizio davanti al gup, media e opinione pubblica sbottano gridano alla farsa. Anche Bruno Vespa dice la sua. A cominciare dalla fine del dibattimento di oggi, perché il fatto non sussiste…
Processo a Salvini, l’analisi di Vespa
In un suo intervento su Il Giorno, Bruno Vespa non risparmia commenti e recriminazioni. Esordendo sottolineando come «il procedimento ha avuto uno sviluppo singolare. La Procura di Catania aveva chiesto il proscioglimento di Salvini. Il Gip ha ordinato l’imputazione coatta. E a quel punto il pm ha dovuto mandarlo dinanzi al Parlamento. Qui, come è noto, la nuova maggioranza di governo lo ha spedito a giudizio davanti al Gup». Ora il Gup – nonostante la richiesta di archiviazione della procura – può stabilire comunque il rinvio a giudizio per l’imputato.
Il parallelo con il caso Diciotti: un precedente che…
Un andamento quanto meno discutibile e strano, quello in corso, su cui il conduttore di Porta a Porta riflette e, al tempo stesso, già alla vigilia ha assunto una posizione chiara scrivendo: «Se la Procura non smentisse se stessa, oggi il giudice potrebbe trovarsi dinanzi all’accusa e alla difesa che gli chiederebbero di non procedere». Ossia: proprio quanto appena accaduto in aula… Dunque, in caso di archiviazione, Vespa passa ad analizzare l’altro cardine alla base della sovrastruttura processuale: la questione politica. E lo fa risalendo per la Gregoretti al caso Diciotti. Quando, l’allora titolare del Viminale – sempre Matteo Salvini – dimostrò già di adottare la stessa strategia: ritardare lo sbarco dei migranti a bordo «per sollecitarne la redistribuzione nei paesi europei».
«Johnson come Salvini: ma nessuno lo spedisce a giudizio»
Effetto sperato e perseguito, oltre previsto dagli accordi Ue, ma guarda caso arrivato solo dopo l’annunciato blocco allo sbarco. Difficile – spiega allora Vespa – sostenere che questa, giusta o sbagliata, non sia stata una decisione politica». Del resto, a sostegno delle sue argomentazioni, il padrone di casa a Porta a Porta, cita e aggiunge anche un altro esempio illustre, portabandiera delle stesse scelte attuate dal leader leghista: Boris Johnson. Sul leader britannico, infatti, Vespa scrive: «Johnson ha minacciato di fare la stessa cosa. E nessuno si è sognato di fargli fare, nel caso, la stessa fine di Salvini»…
«Qui è in gioco la credibilità dello Stato»
Non servirebbe aggiungere altro. Ma Vespa, evidentemente, ha ancora qualche altro sassolino dalla scarpa da togliere. Tanto che, in conclusione, e sempre rifacendosi al caso Diciotti, evidenzia come, quando era al governo col M5s, a Salvini fu risparmiato il giudizio sulla vicenda Diciotti. E, aggiunge il giornalista, «pure essendo i due casi assolutamente identici». Quindi, la conclusione eloquente con cui Vespa rimanda l’ardua sentenza prima di tutto ai lettori: «Giudichi il lettore se la sorte di un ministro dell’Interno che rischia 15 anni di carcere per una decisione politica, può essere appesa a maggioranze variabili che giudicano secondo la convenienza del momento. Qui non è in gioco Salvini, ma la credibilità dello Stato», conclude Vespa dalle colonne de Il Giorno. E non occorre aggiungere altro...