Cesare Battisti protesta ancora: in questa prigione come a Guantanamo, non mi danno il computer…

2 Ott 2020 15:39 - di Redazione
Cesare Battisti

Cesare Battisti non gradisce il trasferimento nel carcere di Rossano dove è arrivato il 12 settembre scorso. Il trasferimento dal carcere di Oristano, dove era precedentemente rinchiuso, aveva avuto luogo per le proteste del detenuto che aveva annunciato lo sciopero della fame. Adesso ci risiamo: Battisti minaccia un altro sciopero della fame. E sostiene che le condizioni della sua detenzione sono addirittura peggiorate.

Battisti: trattamento punitivo qui a Guantanamo Calabro

Così ha scritto un’altra lettera in cui protesta per il trattamento in carcere. “Oltre ad essere spiccatamente punitivo sotto tutti gli aspetti, il mio trasferimento a Guantanamo Calabro equivale ad una condanna all’isolamento ininterrotto, dato anche l’impossibile contatto con i membri dell’Isis o supposti tali”.

Cesare Battisti ha fatto pervenire il suo documento al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, tramite l’avvocato Gianfranco Sollai. L’ex leader dei Pac deve scontare una condanna all’ergastolo per l’omicidio di quattro persone.

Battisti: il Dap trovi una sistemazione per me

“Voglio sperare che il Dap – scrive nella sua lettera – trovi per me una sistemazione degna di un Paese civile, senza costringermi a riprendere lo sciopero della fame. Già che è preferibile finirla in un mese, con la gioia dell’ipocrisia nazionale, piuttosto che agonizzare un anno in condizioni vergognose e insostenibili”. “Dopo l’isolamento forzato di Oristano – si legge ancora nel documento – sono qui sottoposto a un regime di gran lunga più restrittivo. Il mio spazio vitale è stato ridotto ai minimi termini di sopravvivenza. In un clima di estrema tensione e ordinaria intimidazione, sorvegliato a vista e costretto all’ozio forzato in una cella di un terzo inferiore allo spazio della precedente, sprovvista di suppellettili indispensabili. Mi è stato confiscato il computer impedendomi di fatto di svolgere la mia attività di scrittore e concludere il mio ultimo lavoro rimasto in memoria”.

“Lo Stato cerca vendetta su di me”

Protestando dal carcere di Oristano, sempre tramite il suo legale, aveva detto di considerarsi prigioniero di guerra e aveva accusato lo Stato di perseguire nei suoi confronti una vendetta: “Lo Stato vuole sacrificare me in nome di una giustizia che non c’è, mi ha dichiarato guerra e questa si manifesta con la secretazione degli atti, con l’isolamento forzato e illegittimo e con una classificazione retroattiva di 41 anni. Siamo davanti alla vendetta dello Stato nei miei confronti a distanza di oltre 40 anni dalle contraddizioni sociali emerse con il ’68”.

 

 

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