A Napoli i funerali del bimbo che si è suicidato. Il padre: “A cena era felice, ricordiamolo col sorriso”
Silenzio e dolore nella Basilica di Santa Chiara, nel cuore del centro antico di Napoli, dove questa mattina si sono celebrati i funerali del bimbo di 11 anni che, nella notte del 29 settembre, si è tolto la vita lanciandosi dal balcone della sua abitazione nel quartiere Chiaia a Napoli. La cerimonia è stata presieduta da monsignor Vincenzo De Gregorio, parroco della Cappella del Tesoro di San Gennaro, che ben conosceva la famiglia del giovane e che ha rivolto un invito a “tacere” in attesa che giunta la risposta alla domanda “perché? Ammesso che possa essere trovata una risposta”.
Il padre ai funerali del bimbo: “A cena era felice”
Grande la partecipazione ai funerali, a partire dagli amici e dai compagni di scuola del ragazzo. “Mi è stato chiesto: cos’è successo? Non lo so, fino alla cena con noi era felice. Mio figlio era un puro come tutti i bambini. Da questa disgrazia ho imparato che esiste l’imponderabile, dobbiamo imparare ad accettarlo”, ha detto il padre del bambino durante il funerale. “La vita non si misura con la durata – ha aggiunto – ma con l’intensità. Ha avuto una vita intensa e gioiosa. Gli anni sono un luogo comune, tanti bambini non hanno avuto gli 11 anni di felicità come li ha avuti mio figlio e da uomo di fede dico che allora va bene così”. Il padre ha poi ricordato che “c’è chi sta indagando” e “hanno avuto un tatto enorme fin dalla prima sera quando sono venuti a casa”. “Oggi è tempo di piangere e di cacciare fuori il dolore, ma da domani – ha concluso l’uomo – pensate tutti a lui sorridendo”.
Le indagini sull’istigazione al suicidio
Sull’accaduto la Procura di Napoli, sezione Fasce deboli, ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di istigazione al suicidio. Il ragazzino ha fatto trovare un biglietto nel quale chiedeva scusa ai genitori facendo riferimento a un non meglio specificato “uomo incappucciato”, che potrebbe corrispondere al personaggio di Jonathan Galindo, un profilo falso dietro il quale si nascondono persone che, parlando di “sfide”, inducono i ragazzini a compiere atti estremi, fino al suicidio. Gli investigatori stanno esaminando i dispositivi che il ragazzino utilizzava, a partire dal telefono cellulare.