“Ha parlato male di Allah”: in Nigeria 13enne condannato a dieci anni di lavori forzati
In Nigeria un ragazzino di 13 anni, Omar Farouq, è stato condannato a 10 anni di carcere e ai lavori forzati per aver usato, secondo quanto stabilito da un tribunale della Sharia, un linguaggio inappropriato nei confronti di Allah. L’episodio sarebbe avvenuto durante un litigio con gli amici. La condanna del 13enne è arrivata il 10 agosto, ma ha avuto risonanza solo ora che sul caso è intervenuta l’Unicef. L’agenzia dell’Onu ha espresso “profonda preoccupazione” per la vicenda e ha chiesto la liberazione di Omar.
L’intervento dell’Onu
L’Unicef ha invitato il governo nigeriano e quello dello stato di Kano, nel nord del Paese, dove si è verificato il caso, a un riesame urgente della sentenza. “Viola la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, che la Nigeria ha ratificato nel 1991″, ha sottolineato il rappresentante dell’Unicef nel Paese, Peter Hawkins. “Viola anche la Carta africana sui diritti e il benessere del bambino, ratificata nel 2001, e il Child Rights Act 2003 della Nigeria”, ha aggiunto.
Il caso del 13enne e la blasfemia in Nigeria
L’avvocato di Omar, Kola Alapinni, secondo quanto riferito dalla Cnn, ha spiegato di aver presentato appello, ma anche riferito delle difficoltà poste dalle autorità di Kano agli incontri tra lui e gli altri avvocati e il loro giovane assistito. Inoltre, il legale ha raccontato di aver scoperto della storia di Omar per caso, mentre lavorava in difesa di un altro imputato accusato di blasfemia in Nigeria, Yahaya Sharif-Aminu, condannato a morte dallo stesso giudice e dalla stessa corte che ha anche condannato il 13enne.
La sharia prende il sopravvento sulla legge laica
“Abbiamo scoperto che nessuno parlava di Omar, ci siamo dovuti muovere rapidamente”, ha raccontato l’avvocato, spiegando che “la blasfemia non è riconosciuta dalla legge nigeriana”. “È in contrasto con la Costituzione”, ha aggiunto, riferendo che ciononostante la madre di Omar è dovuta scappare in un’altra città dopo l’arresto del figlio. Nello stato di Kano, ad ampia maggioranza musulmana, infatti, la sharia vive al fianco della legge laica e, quanto pare, spesso la spodesta. Interpellati dalla Cnn, gli uffici del governatore di Kano non hanno mai risposto.