Gioventù bruciata: al liceo Socrate di Roma scoppia la rivolta delle ragazze in minigonna
Come aveva ragione Karl Marx a dire che «la storia si ripete solo in farsa». Basta vedere le alunne del Liceo Socrate di Roma: spacciano la minigonna per una bandiera di libertà come ai tempi della sua inventrice Mary Quant. Giocano a fare le femministe anni ’70, ma riescono ad esserne solo la parodia. Capita spesso quando si cerca di spacciare per nuovo o addirittura rivoluzionario quel che è invece vecchio e conformista. Ma mettiamo un po’ d’ordine in questa storia che frulla un po’ tutto: dal ribellismo fuori stagione alle croniche inefficienze amministrative, all’impossibilità di fare della scuola un’istituzione da rispettare sempre. Tutto comincia il 14 settembre. L’innesco, strano a credersi, sono i banchi monoposto voluti dalla Azzolina, annunciati da Arcuri e pagati dai contribuenti, ma non ancora arrivati in quel liceo, come in tanti altri.
Ragazza in minigonna rimbrottata dalla vicepreside
Per favorire il distanziamento, hanno eliminato anche i banchi tradizionali. Professore e alunne l’uno di fronte alle altre senza ingombri alla vista. E quando la vicepreside è entrata in una classe, si è accorta in un battibaleno che una delle ragazze appariva un po’ troppo scosciata. Per la scuola, s’intende. La invita fuori dall’aula e le sussurra che forse è il caso di abbigliarsi diversamente perché, avrebbe aggiunto, a qualche professore «poteva cadere l’occhio». Parole, va da sé, inaccettabili, che la reproba avrebbe sussurrato anche ad altre ragazze in minigonna. Fatale che ne seguisse il tam-tam su Instagram, con annessi propositi di rivolta. Il tutto, ovviamente, condito con i soliti luoghi comuni. A cominciare dal più banale: «È il nostro modo di esprimersi». Che conduce diritto ai diritti violati. In questo caso, la libertà di andare a scuola per sfilare come su una passerella di moda. E i diritti, si sa, si difendono.
La Azzolina: «Approfondiremo»
Specie quando non costa niente, fosse anche il rimbrotto paterno e/o materno (ma de che?). E così, al quarto giorno di scuola, le nuove femministe sono salite in cattedra a gambe più che scoperte. Provvedimenti? Macché. Il preside promette di far luce sul caso mentre la Azzolina ha «chiesto un approfondimento immediato». Si è fatto sentire anche il capo dei presidi italiani, Antonello Giannelli. A quanto pare la sua principale preoccupazione sia quella di non offrire una percezione «oscurantista» della scuola. Anche per i 5Stelle è giusto «suggerire» di non indossare la minigonna in classe. Ma senza accennare a pulsioni sessiste. «Le parole sono importanti – concede Marina Casa – e la violenza di genere si nasconde in piccoli gesti, radicati nella dialettica quotidiana’».