Silvia Romano: «Il velo è simbolo di libertà. Vi rivelo perché mi sono convertita all’Islam»

6 Lug 2020 17:09 - di Redazione

“Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore. Perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima”. Silvia Romano, oggi Aisha, si confessa al giornale online La Luce. Diretto da Davide Piccardo, esponente di spicco della comunità islamica lombarda. Per la prima volta dopo la liberazione racconta la  conversione all’Islam 

Silvia Romano: per me il velo è simbolo di libertà

“Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale”. Finita nelle mani delle milizie islamiche di Al-Shabaab, tornata in Italia dopo la liberazione, scatenò fiumi di polemiche per la sua “ostentata” conversione all’Islam. Sbarcò a Ciampino con i segni esteriori della sua “nuova vita”. Velo e abito tradizionale somalo. “Ero disperata perché, nonostante alcune distrazioni come studiare l’arabo, vivevo nella paura dell’incertezza del mio destino. Ma più il tempo passava e più sentivo nel cuore che solo Lui poteva aiutarmi. E mi stava mostrando come…”. Prima di essere rapita, racconta al giornale vicino alla comunità islamica, “ero completamente indifferente a Dio. Anzi potevo definirmi una persona non credente. Spesso, quando leggevo o ascoltavo le notizie sulle innumerevoli tragedie che colpiscono il mondo, dicevo a mia madre ‘vedi, se Dio esistesse non potrebbe esistere tutto questo male'”.

La conversione dopo la lettura del Corano

Poi la svolta.  ”A un certo punto ho iniziato a pensare che Dio, attraverso questa esperienza, mi stesse mostrando una guida di vita. Che ero libera di accettare o meno”. Ma come si può abbracciare la religione dei propri carnefici? La cooperante racconta di aver chiesto ai suoi carcerieri un Corano. Per poter leggere e ingannare il tempo.  ”Dopo aver letto il Corano non ci trovai contraddizioni. E fin da subito sentii che era un libro che guidava al bene. Il Corano non è la parola di Al Shabaab! Ad un certo punto sentii che era un miracolo. Per questo la mia ricerca spirituale continuava. E acquisivo sempre più consapevolezza dell’esistenza di Dio”.

Silvia Romano racconta la sua odissea, il sequestro, la paura di morire. “Un altro momento importante è stato a gennaio. Ero in Somalia in una stanza di una prigione, da pochi giorni. Era notte e stavo dormendo. Quando sentii per la prima volta nella mia vita un bombardamento,.  in seguito al rumore di droni. In una situazione di terrore del genere e vicino alla morte iniziai a pregare Dio. Chiedendogli di salvarmi perché volevo rivedere la mia famiglia. Gli chiedevo un’altra possibilità perché avevo davvero paura di morire. Quella è stata la prima volta in cui mi sono rivolta a Lui”.

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