Ponte di Genova, la “mina” Toninelli: «Autostrade è ancora lì. La ministra De Micheli mi delude»

9 Lug 2020 17:42 - di Valerio Falerni
Ponte di Genova

La recente contestazione subita ha lasciato il segno. Davvero non se l’aspettava, Danilo Toninelli, di finire così duramente apostrofato per strada. E nonostante avesse più volte ripetuto che «da sette anni mi dimezzo lo stipendio». Ha capito che gli esponenti del M5S rischiano i forconi e così ha tirato a lucido la purezza delle origini, giusto per vedere l’effetto che fa. L’occasione, manco a dirlo, gliel’ha offerto sul classico piatto d’argento la riconsegna di fatto ad Autostrade (Aspi) del nuovo ponte di Genova, costruito sulle macerie del “Morandi” crollato due anni fa a Ferrragosto.

Toninelli attacca anche Salvini: «Legato ai potentati»

Toninelli, all’epoca ministro delle Infrastrutture, ingaggiò un vero e proprio braccio di ferro con il gruppo imprenditoriale guidato dai Benetton. Ed è tuttora convinto che sia proprio questo il motivo per il quale non ha ottenuto la riconferma alla guida del dicastero. E ora che il Conte2 sembra cedere alla riconsegna del ponte ad Aspi nonostante la Consulta abbia dato ragione al Conte1 che l’aveva esclusi dalla ricostruzione, lui si toglie i sassolini dalle scarpe. «Se fossi ancora al ministero quelli di Aspi non l’avrebbero visto neanche col binocolo il nuovo ponte di Genova, perché sarebbe stato già concluso l’iter di revoca», assicura senza possibilità di controprova dai microfoni di Radio Cusano Campus. E poi avanti in una spericolata dissertazione sulla differenza tra «dettaglio giuridico» e «indirizzo politico».

La replica del leghista: «Falso, mai detto no alla revoca»

Se hai il secondo, ragiona Toninelli, è «chiaro poi lo traduci in decreto». «In questo – attacca – la ministra De Micheli delude profondamente».  L’ex-ministro adombra «problemi seri» se il governo non chiuderà il dossier «prima della commemorazione del secondo anno della tragedia». E quindi mette nel mirino prima i Benetton («famiglia lobby») e poi Salvini, bollato come «squallido e volgare», che a suo dire lo attaccava sulle infrastrutture poiché in combutta con i «potentati alla Benetton». La replica del leader leghista arriva a stretto giro di posta. «È falso – rintuzza -. Io non mi sono mai opposto. Sono loro che da due anni non decidono cosa fare».

 

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